
Quando il Vescovo mi ha chiesto di prendere la parola per questo momento, devo dire che mi è mancato il fiato per un po’; lo stesso che manca a lui ora, come a tutti noi, ed è comprensibile. Mentirei però se non dicessi di aver sentito anche una punta di orgoglio: perché è come se ora mi fosse concesso, per qualche istante, un posto privilegiato accanto al caro Franco; per ufficio, ovviamente… E subito mi sono tornate alla mente le letture di domenica scorsa, che sembravano fatte davvero per l’occasione, come se volessero prepararci a quanto stava per accadere; inoltre, domenica si ricordava il diacono più famoso della storia: san Lorenzo. Quel giorno, dissi, che la Parola di Dio, che a volte ci sembra così complicata, persino a tratti ostile e incomprensibile, diventa invece improvvisamente chiara quando qualcuno ce la fa vedere; nella vita e nella morte, il diacono di Roma, san Lorenzo, ci ha fatto vedere la Parola di Dio ascoltata; e – aggiunsi – «inevitabilmente il mio pensiero va anche al nostro caro diacono Franco, posso dire che anche lui nella vita e nella morte ci ha fatto vedere la Parola di Dio appena ascoltata». E lo stesso nei giorni seguenti: lunedì con santa Chiara che ci ha ricordato l’importanza di arricchirsi presso Dio; martedì santa Giovanna che ci invitava a farci piccoli e a prenderci cura dei piccoli; mercoledì i santi Ponziano e Ippolito con la loro disponibilità al martirio, fino a stamattina con san Massimiliano e il suo donarsi e sacrificarsi per l’altro. Ogni volta, ogni nome, ogni parola, ogni volto di santità, sembrava il ritratto del nostro caro Franco. Come una volta i bambini mostrandosi le figurine ripetendo il ritornello “ce l’ho, ce l’ho…”, così Franco era diventato improvvisamente l’immagine di chi aveva qualunque qualità si potesse descrivere, o anche solo immaginare; «santità della porta accanto», l’aveva chiamata Papa Francesco. E allora riprendiamo le letture ascoltate, velocemente, e facendo risuonare solo due parole.
Per fede, si ripeteva con insistenza nella prima lettura: per fede. Sfido chiunque a rileggere queste parole senza trovarvi il ritratto di Franco. Per fede ha detto sì al matrimonio, per fede ha detto sì alla paternità, per fede ha detto sì al diaconato, per fede si è messo a servizio con amore nel luogo che forse oggi è il più ostile alla fede, la scuola. «Nella fede morirono tutti costoro», si diceva di quei grandi nomi, ai quali ora possiamo associare anche il nostro caro Franco. E nella fede noi lo consegniamo nelle mani di Dio. Il giorno di san Gaetano, sempre con il pensiero a Franco, il nostro vescovo ci invitava a guardare con gli occhi della fede, e a non aver paura di ciò che oggi ci interroga, ci addolora, ci sconforta, perché tutto è abitato dalla amorevole presenza di Gesù.
E nel vangelo quell’unica parola che dà il senso a tutto ciò che segue, e che senza quella premessa diventa incomprensibile: non temere; «non temere, al Padre vostro è piaciuto darvi» tutto. Non temere Anna, tanto è il dolore e il vuoto oggi, quanto più sarà la gioia domani. Non temere, Francesca, Benedetta, Federico; non ho parole sensate da dirvi se non quelle di cui mi fido ciecamente e alle quali papà credeva fermamente, non temere. Non temere Orietta, non temere chiesa sabina, non temere. «Per fede, non temere…». Franco è quell’amministratore fidato e prudente di cui parla Gesù. È sempre stato per tutti, ora più che mai può essere di tutti.
E tu, caro Franco, accendi la brace e apri il vino, che tutti arriviamo, prima o poi. Già da questa sera, la nostra chiesa sabina – e la chiesa intera –, sarà in festa per la solennità di Maria Assunta; ora che puoi, dalle, caro Franco, un abbraccio da parte nostra, e dille che le vogliamo bene…, da morire…