
Vi invito a leggere, come ogni anno, la brevissima lettera pastorale indirizzata a tutta la diocesi. Io qui mi limito ad alcune sottolineature.
Suddivido questo mio intervento in quattro parti:
- Il Triennio pastorale 2025-28.
- L’anno pastorale 2025 -26, al quale diamo inizio con questa assemblea.
- L’orizzonte del triennio pastorale.
- Uno sguardo d’insieme al cammino diocesano, sottolineando i punti acquisiti.
IL TRIENNIO PASTORALE 2025 -28
Dopo aver riflettuto sul tema della Chiesa (ecclesia super petram aedificata, ecclesia semper purificanda est, ecclesia sicut sponsa ornata) a partire da quest’anno (e per tre anni consecutivi), ci concentreremo su quella che è la missione della Chiesa e la sua ragion d’essere: L’EVANGELIZZAZIONE.
Questa è la missione che Gesù affida ai suoi discepoli:
E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. (Mc. 16, 15-16)
Questa scelta ci permette di inserire agevolmente il cammino diocesano all’interno del Sinodo della Chiesa universale e, in particolare, all’interno del cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia.
Al riguardo, nella lettera pastorale, troverete una citazione del discorso di Papa Leone rivolto ai vescovi italiani nell’udienza che si è tenuta il 17 giugno scorso:
In virtù del legame privilegiato tra il Papa e i Vescovi italiani, desidero indicare alcune attenzioni pastorali che il Signore pone davanti al nostro cammino e che richiedono riflessione, azione concreta e testimonianza evangelica. Innanzitutto, è necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità, rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3). E si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio.
Come articoleremo il nostro cammino?
Facendo riferimento all’Evangeli Nuntiandi di San Paolo VI° articoleremo il cammino in tre tappe:
- Il contenuto dell’evangelizzazione (2025-26)
- I destinatari dell’evangelizzazione (2026-27)
- Lo spirito dell’evangelizzazione /2027-28)
L’ANNO PASTORALE 2025 -26
Mi fermo ora sull’anno pastorale che stiamo intraprendendo: il contenuto dell’evangelizzazione.
Riassumendo, nel modo più sintetico possibile, il contenuto dell’azione evangelizzatrice consiste nell’aiutare gli uomini del nostro tempo a incontrare l’amore di Dio: l’incontro con Dio.
Esponendo il programma pastorale ai seminaristi, uno di loro mi ha messo in evidenza che c’è il rischio di confondere il fine dell’evangelizzazione con il contenuto dell’evangelizzazione. Ho risposto, in modo molto semplice, a questa obiezione, dicendo che il fine e il contenuto dell’evangelizzazione coincidono. Infatti il contenuto propriamente detto dell’evangelizzazione è l’amore di Dio che si rivela in Gesù Cristo e il fine dell’evangelizzazione è l’incontro con questo amore.
Entriamo più nel dettaglio dell’anno pastorale che stiamo per iniziare.
Due elementi caratterizzeranno questo anno:
Innanzitutto sarà proposto a tutta la diocesi un cammino di lectio divina articolato in cinque incontri. Questo sussidio è destinato principalmente agli operatori pastorali e, ovviamente, i testi scelti sono in linea con il tema dell’anno pastorale: l’incontro con l’amore di Dio.
In secondo luogo, l’anno pastorale sarà caratterizzato dalla proposta di un sussidio catechistico diocesano che viene presentato in questa assemblea e che poi sarà consegnato, in forma cartacea, a tutti i catechisti in una serie di riunioni programmate per il mese di febbraio e marzo. Per raggiungere in modo capillare tutti i catechisti, le riunioni saranno per zone pastorali e vedranno la partecipazione del direttore e dell’equipe dell’ufficio catechistico, dei parroci e del vescovo.
Desidero, a questo punto, chiarire con molta forza alcune scelte che stanno dietro questa proposta.
- Il sussidio non è una camicia di forza ma uno strumento che vuole rafforzare e qualificare la proposta catechistica nella nostra diocesi. Avere un sussidio comune aiuta i catechisti, permette un confronto reale fra catechisti, permette ad altri operatori pastorali (e non solo) di condividere uno strumento di lavoro. Mi spiego. Penso alla pastorale familiare: lo strumento in futuro potrà essere arricchito da proposte per i genitori dei fanciulli e dei ragazzi. Penso anche agli insegnanti di religione. È vero che l’insegnamento della religione non è catechesi, ma i soggetti ai quali ci rivolgiamo sono gli stessi. Una forma di raccordo mi sembra opportuna e necessaria.
- C’è poi un presupposto che è ancora più importante: la catechesi non è appannaggio dei soli catechisti. La catechesi implica il coinvolgimento di tutta la comunità. La catechesi non è una cosa staccata dalla liturgia, la catechesi non è una cosa staccata dalla carità. Ecco perché presentiamo il sussidio all’Assemblea Generale: ci dobbiamo sentire tutti impegnati a rendere la catechesi sempre più coinvolgente per i ragazzi. Deve essere una esperienza che entusiasmi i ragazzi e non una specie di scuola di serie B. Per fare questo è inevitabile avere un progetto condiviso e conosciuto da tutti.
Descritto in modo estremamente sintetico l’anno pastorale 2025-26, permettetemi di esprimere una mia opinione personale, che è si personale, ma è il pensiero del vescovo ‘felicemente regnante’.
Ho paura che nei prossimi mesi e nei prossimi anni si ricominci a parlare della necessità di rivedere gli itinerari catechistici. Per me va tutto bene e dobbiamo metterci sempre in discussione ed essere aperti a nuove esperienze, ma sono contrarissimo a una sperimentazione confusa e inconcludente. L’educazione richiede idee chiare e comprensibili da parte di tutti.
Per me vale quello che abbiamo letto venerdì nella liturgia della parola. Paolo si rivolge a Timoteo e dice
Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina conforme alla vera religiosità, è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è un maniaco di questioni oziose e discussioni inutili. (1Tm. 6, 3-4)
E sempre nella prima lettera a Timoteo Paolo rincara la dose
Deviando da questa linea, alcuni si sono perduti in discorsi senza senso, pretendendo di essere dottori della Legge, mentre non capiscono né quello che dicono né ciò di cui sono tanto sicuri. (1Tm. 1, 6-7)
IL CONTESTO DEL NOSTRO CAMMINO PASTORALE
Il contesto nel quale si realizza il cammino pastorale diocesano è innanzitutto la parrocchia.
La parrocchia non è l’unica unità di misura nella Chiesa, la parrocchia non è l’unico luogo dove si fa esperienza della fede, la parrocchia deve evitare, come la peste, di rinchiudersi in se stessa, ma, nonostante queste precisazioni, la parrocchia è per la stragrande maggioranza delle persone, il luogo ‘naturale’ dell’incontro con Dio.
La parrocchia deve essere consapevole del suo ruolo primario nella formazione delle persone alla fede.
Nella lettera pastorale formulo un auspicio: che ogni parrocchia ovvero ogni unità pastorale formuli il suo ‘documento di identità’ che consiste nel rispondere a tre semplici domande:
- come la nostra comunità educa alla fede?
- come la nostra comunità educa alla liturgia?
- come la nostra comunità educa alla carità?
Sarebbe veramente bello che ogni parrocchia ovvero unità pastorale, attraverso il consiglio pastorale, elaborasse questo ‘documento di identità’.
Ho parlato di auspicio perché sono molto realista. Ci abbiamo messo dieci anni per raggiungere l’obbiettivo che ogni parrocchia abbia gli organismi di partecipazione; non credo che si possa raggiungere questo obbiettivo in tempi brevi: la nostra diocesi è ricca di tanti doni, ma c’è una lentezza che a volte è esasperante!
PUNTI FERMI NEL NOSTRO CAMMINO DIOCESANO
Concludo questo mio intervento richiamando alla vostra mente alcuni punti del nostro cammino diocesano che ritengo acquisiti.
Possiamo considerare quasi conclusa quella che io chiamo la ‘ristrutturazione territoriale’ della nostra diocesi.
Siamo passati da 82 parrocchie a 10 parrocchie di dimensione grande e 27 unità pastorali. Di queste 27 unità pastorali 21 sono già realizzate e 6 sono da realizzare. Detto in termini semplici, in futuro in diocesi ci saranno solo 37 parroci.
Questa scelta non è dettata né da inconsistenti motivazioni teologiche, né da mancanza di clero. Questa scelta vuole semplicemente realizzare una presenza della Chiesa sul territorio, che risponda a tre principi:
- una razionalizzazione
- una presenza efficace e significativa
- un equilibrio tra tutte le realtà che compongono la diocesi
Non pretendo che questa scelta sia compresa dai più, ma spero che almeno le persone intelligenti comprendano questo cambio di passo.
Al riguardo desidero esprimere il mio ringraziamento a tutto il clero: senza la generosa e zelante disponibilità dei presbiteri questo progetto sarebbe naufragato. Non sono così ingenuo da ritenere che tutto vada bene, ma se dovessi contare le situazioni che si trovano in sofferenza, devo dire che per contarle mi basterebbero le dita di una mano e non ci sarebbe bisogno neppure di tutte le dita!
Un secondo elemento desidero portare alla vostra attenzione: gli operatori pastorali devono essere coscienti dei cambiamenti non ideologici ma reali che stanno avvenendo in diocesi.
L’esperienza dei preti giovani al servizio della pastorale giovanile delle zone e quindi delle parrocchie, è un altro elemento che considero consolidato.
Il lavoro fatto dagli responsabili di zona della pastorale giovanile è andato veramente oltre ogni mia aspettativa: basti pensare alla ricchezza di esperienze realizzate questa estate.
Tutto questo per me è motivo di grande consolazione: sosterrò con tutte le forze, morali ed economiche, questa esperienza che darà, se portata avanti con costanza, frutti che neppure possiamo immaginare.
Concludo con una considerazione di carattere generale.
Viviamo in un territorio estremamente spezzettato. Gli stessi amministratori locali molte volte non riescono a gestire questa frammentarietà che spesso porta a miopi conflittualità. La chiesa diocesana deve dare un contributo a questa realtà aiutandola a trovare elementi di comune interesse e di crescita globale. La diocesi è fatta dalle parrocchie, ma anche dagli uffici diocesani che devono essere consapevoli della realtà nella quale operiamo ed essere capaci di dare risposte a questa realtà frammentata. La curia diocesana, formata dagli uffici pastorali, amministrativi e giudiziari, sta crescendo molto nella consapevolezza del proprio ruolo. Ringrazio tutti i direttori degli uffici (presbiteri e laici) per il loro lavoro.
Rimbocchiamoci dunque le maniche e iniziamo questo triennio dedicato tutto alla missione specifica della Chiesa: l’evangelizzazione.
Il Vangelo si annunzia non solo con le parole ma con i fatti e con scelte coraggiose. Ricordiamoci sempre che non è solo in gioco la verità del vangelo ma è in gioco la verità e il bene dell’uomo:
sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv. 10,10)
Questa parola di Gesù ci trovi sempre pronti:
Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? (Lc 12, 42)
La chiesa, cioè tutti noi, vescovo, presbiteri, diaconi, consacrati, laici siamo chiamati a dare il cibo del vangelo all’uomo del nostro tempo.
Il Signore, con l’intercessione della Vergine Maria che a Cana si accorse che mancava il vino, ci aiuti a compiere, ognuno secondo la propria vocazione, l’opera che il Signore ha affidato ai suoi discepoli di tutti i tempi.
