
‘ Invocazione dello Spirito Santo:
O Spirito Santo Paraclito,
pieno di gioia inizio la preghiera
con le parole del Veni Creator
‘’Donaci di conoscere il Padre,
e di conoscere il Figlio’’.
Sì, o Spirito del Padre,
dolce ospite dell’anima,
resta sempre con me
per farmi conoscere il Figlio
sempre più profondamente.
O Spirito di santità,
donami la grazia
di amare Gesù con tutto il cuore,
di servirlo con tutta l’anima
e di fare sempre e in tutto
ciò che a lui piace.
O Spirito dell’amore,
concedi a una piccola
e povera creatura come me,
di rendere una gloria sempre più grande
a Gesù, mio amato Salvatore. Amen.
(Charles de Foucauld)
? Ambientazione:
Dopo la sezione delle lettere, in Ap 4 ha inizio la seconda parte del libro giovanneo (cf. Ap 4,1-22,5), che comprende tre grandi settenari (i sigilli: 6,1-8,1; le trombe: 8,7-11,19; le coppe: 16,1-21). Ognuno di questi settenari è introdotto da una visione inaugurale che ne anticipa il tema e la portata simbolica. I capitoli 4 e 5 introducono il primo dei tre settenari: il settenario dei sigilli (Ap 6,1-8,1). I capitoli 4 e 5 hanno una funzione introduttiva per l’intera seconda parte del libro, in quanto presentano l’apertura della «porta del cielo» (4,1) e preparano il lettore a partecipare alle misteriose rivelazioni che si succederanno nella sfera celeste. Sono tre i motivi che vengono proposti in forma simbolica: un trono (thronos) con quattro esseri viventi e circondato da ventiquattro anziani, un libro piccolo (biblion = rotolo) opistografo, sigillato con sette sigilli e un Agnello (arnion) sgozzato e vivente, ritto in piedi. Ap 4-5 presenta due scene che descrivono due azioni collegate. La prima (Ap 4) è dominata dall’immagine del trono, mentre la seconda (Ap 5) dall’immagine dell’Agnello. Al centro di queste due scene compare, come fondamentale motivo di raccordo, il libro. La solenne azione che caratterizza la scena introduttiva con tutta la sua valenza profetica è rappresentata dalla consegna di questo libro da parte di Colui che siede sul trono all’Agnello. Considerando più attentamente la presentazione delle due scene, si può riconoscere come nella prima scena spicca il motivo teologico della «creazione», reso esplicito dal canto di lode che conclude la presentazione (4,11). La scena successiva, caratterizzata dalla presentazione dell’Agnello che si pone di fronte al trono di Dio, celebra l’evento della «redenzione», esaltato dal cantico liturgico (5,9-10.12-13). La consegna del libro svolge il ruolo di cerniera tra le due scene. Si tratta di un libro misterioso che compendia in modo mirabile tutto il piano divino della salvezza»[1]. Fermiamo la nostra attenzione sulla seconda scena, che presenta la consegna del libro da parte di Colui che siede sul trono all’Agnello che gli è posto dinanzi.
& Brano della Scrittura: Ap 5,1-14
1E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. 2Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». 3Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. 4Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. 5Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». 6Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. 7Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. 8E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, 9e cantavano un canto nuovo:
«Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli,
perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione,
10e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».
11E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia 12e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza, onore, gloria e benedizione».
13Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli».
14E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.
Æ Approfondimento esegetico:
Analizziamo la pagina di Ap 5,1-14, che si articola in due unità: a) i vv. 1-8 che presentano il libro e la sua consegna all’Agnello; b) i vv. 9-14 che descrivono la venerazione dell’Agnello da parte dei ventiquattro anziani e dei quattro esseri viventi.
La prima scena si apre con l’esperienza visiva di Giovanni. Egli descrive come nella (mano) destra di Colui che sedeva sul trono vi fosse un libro-rotolo (biblion). L’espressione allude alla presentazione del libro che viene offerto all’apertura perché si possa leggere e far conoscere il suo contenuto[2]. Il libro era scritto «sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli» (v. 1). L’assenza di spazi vuoti indica che il rotolo contiene l’intero scritto che riguarda l’umanità destinataria del suo messaggio, senza bisogno di ulteriori aggiunte. La mano destra indica la padronanza efficace del possesso e i sette sigilli simboleggiano la preziosità del contenuto «riservato e protetto», che richiede di essere svelato mediante un atto di apertura (rottura dei sigilli)[3]. Al v. 2 compare nella scena celeste un «angelo forte», possente nella sua autorevolezza, che proclama a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». L’angelo chiede se vi sia uno nei cieli, sulla terra e negli inferi in grado di rompere i sigilli per aprire il libro e svelarne il contenuto[4].
Malgrado l’importanza del libro-rotolo nell’economia della narrazione giovannea, l’autore non fa cenno alla sua identità né al suo contenuto. Questo elemento ha suscitato una serie di interpretazioni. Nell’antichità i padri della Chiesa hanno visto nel segno del libro il simbolo della Bibbia o, più precisamente, la collezione dei libri dell’Antico Testamento la cui profezia viene spiegata e compiuta nella persona di Cristo-Agnello pasquale. Vi sono state anche altre interpretazioni: alcuni commentatori hanno interpretato il libro sul modello antico della notificazione di un debito (l’elenco dei debiti dell’uomo verso Dio), altri lo hanno visto come un libello di ripudio per la Sinagoga o l’elenco dei decreti punitivi che Dio attuerà nei riguardi delle nazioni; altri ancora come un testo misterioso contenente i segreti di un futuro catastrofico per l’umanità. Un’ulteriore interpretazione, più semplice, ha identificato il libro con lo stesso contenuto dell’Apocalisse. Evitando identificazioni improbabili, l’interpretazione più aderente al contesto dell’opera giovannea riguarda lo sviluppo del progetto di Dio a favore dell’umanità. Il libro contiene il progetto salvifico di Dio a favore dell’uomo ed è rivelato alla comunità dei credenti. Tale progetto si compie nel mistero pasquale di Gesù Cristo. Solo il Figlio, il crocifisso e risorto signore della storia può aprire il libro e spiegarne il contenuto[5]. Il libro viene dalle mani del Padre (Colui che è seduto sul trono) ed è consegnato al Figlio. In questo senso il libro rappresenta il piano di Dio sulla storia e, in quanto formulato da Dio, gli appartiene e partecipa della sua trascendenza.
Alla domanda dell’angelo, il narratore rileva che nessuno «né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo» (v. 3). Anche se il contenuto del libro riguarda l’umanità, non vi era nessuno tra gli esseri umani, capace di rompere i sigilli e rivelare il contenuto misterioso del libro. Esso è avvolto nella tenebra più profonda e Giovanni esprime il profondo smarrimento per questa impossibilità e scoppia in pianto (v. 4)[6]. La soluzione viene segnalata al veggente da uno dei ventiquattro anziani: Giovanni non deve piangere perché «ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli» (v. 5). Il riferimento al «leone della tribù di Giuda che ha vinto» è collegato alla promessa messianica della benedizione di Giacobbe (Gen 49,8-12). Nel testo genesiaco il leone è lo stesso Giuda (o la sua tribù), ma l’interpretazione giovannea allude alla figura individuale del messia che è «Germoglio di Davide» (cf. Is 11,1.10 «germoglio di Iesse»; cf. Rm 15,12)[7]. Il leone/germoglio finalmente potrà schiudere i segreti del libro e romperne i sigilli (v. 5).
Nei vv. 6-8 Giovanni assiste e descrive la solenne scena della consegna del libro nella sala «in mezzo al trono». Circondato da quattro esseri vivente e dagli anziani vi è un Agnello (arnion), in piedi, come immolato[8]. La centralità dell’Agnello rivela l’importanza della figura, la cui descrizione è collegata all’evento pasquale: «in piedi, come immolato». L’Agnello porta i segni dell’uccisione ma è vivo ritto in piedi come risorto dalla morte. Il linguaggio giovanneo, ricco della tradizione anticotestamentaria, richiama con tutta evidenza il kerigma cristiano, centrato su Cristo crocifisso, morto e risorto. L’Agnello pasquale è Gesù stesso, che sulla croce è morto per i peccati del mondo e nel giorno di Pasqua è risorto. La descrizione continua: l’Agnello «aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra» (v. 6). I simboli riguardano la «potenza piena» che caratterizza la figura dell’Agnello, sia nella sua azione (le corna) che nel suo discernimento spirituale (gli occhi). È l’autore stesso a dare l’interpretazione degli occhi come simboli dello Spirito inviato su tutta la terra.
Nel v. 7 si afferma che l’Agnello giunge e prende il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. Nel suo simbolismo la scena delinea l’investitura potente (dalla parte destra) che Cristo-Agnello riceve, nel prendere il libro del progetto salvifico di Dio e nel rivelarne il contenuto. I quattro esseri viventi, già menzionati in Ap 4,6b-8[9], esprimono la santità perfetta di Dio. Essi si prostrano davanti all’Agnello in segno di adorazione. Ugualmente i ventiquattro anziani (presbyteroi), nei quali si rappresenta tutta la storia fatta da tutti i credenti che partecipano alla beatitudine eterna, si sottomettono a Dio e vivono nella sua comunione[10]. Preso finalmente il libro i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani «si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi» (v. 8). La prostrazione indica l’atto di riconoscimento della divinità dell’Agnello, accompagnato da una solenne liturgia espressa con il suono delle cetre[11] e con coppe di oro, colme di profumi che rappresentano le preghiere dei santi[12].
La seconda unità della nostra pagina (vv. 9-14) riporta la liturgia cantata al cospetto del trono e dell’Agnello. Si comincia con i viventi e gli anziani (vv. 9-10) che innalzano un «canto nuovo (ōdēn kainēn)». I motivi del canto di lode richiamano la dignità (axiōsis) dell’Agnello che è l’unico in grado di prendere il libro e di aprine i sigilli. Tale dignità è data dall’evento pasquale. Infatti Cristo-Agnello è stato immolato, riscattando con il suo sangue tutti gli uomini (di ogni tribù, lingua, popolo e nazione). Va sottolineato l’impiego teologico del verbo «riscattare» (v. 9: agorazein = comprare al mercato; nel Nuovo Testamento il verbo indica riscattare / comprare per liberare)[13]. Il binomio immolare-riscattare sottolinea il processo di liberazione che avviene attraverso il sacrificio cruento («con il suo sangue») della vita innocente. Nel v. 10 si sottolinea che l’immolazione dell’Agnello ha reso la comunità dei credenti «un regno di sacerdoti e questi regneranno sopra la terra». La dignità dell’Agnello si estende a tutti gli uomini che, in virtù del mistero pasquale, partecipano del sacerdozio e del regno divino (cf. Es 19,6; Is 61,6)[14]. La partecipazione alla liturgia celeste rivela la dignità dei credenti e la comunione con l’unico e sommo sacerdote che è Cristo (cf. Eb 5,5-10). Essi esercitano il servizio del regno, mediante il loro battesimo e condividono il cammino di santità seguendo l’esempio di Cristo (cf. Ap 1,6; 1Pt 2,9-10).
Al canto dei viventi e degli anziani nei vv. 11-12 si unisce quello di molti angeli (vv. 11-12).
Essi innalzano la dossologia proclamando: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Il libro-rotolo ricevuto dall’Agnello conferisce la dignità di ricevere una piena adorazione, espressa nei sette termini (il sette esprime la pienezza) che riassumono le qualità attribuite all’Agnello immolato. La potenza (dynamis) indica il dinamismo vitale di Dio; la ricchezza (ploutos), esprime la potenzialità materiale, la sapienza (sōphia) dice la conoscenza profonda che caratterizza la figura divina; la forza (hischys) indica l’intensità del potere operativo; l’onore (timē) allude alla dimensione divina della sua dignità; la gloria (doxa) decanta il mistero celeste e la benedizione (eulogia) rivela l’estensione del progetto salvifico dell’Onnipotente nei riguardi dell’umanità e del creato. Il terzo ed ultimo intervento è dato dal pronunciamento delle creature dell’intero universo che all’unisono si uniscono alla dossologia tributando a Colui che siede sul trono e all’Agnello «lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli» (v. 13). La pagina si conclude con la risposta liturgica dell’«Amen» dei quattro esseri viventi, con la prostrazione e l’adorazione degli anziani (v. 14). Alla solenne liturgia che si conclude con la dossologia e la prostrazione generale, segue l’apertura di sigilli del libro (6,1).
f Messaggio:
Considerando i diversi motivi emersi dall’analisi di Ap 5,1-14, segnaliamo alcuni aspetti che riassumono la ricchezza del messaggio del testo. Ne indichiamo quattro: 1) Il libro-rotolo simbolo del progetto salvifico di Dio per l’umanità; 2) L’Agnello immolato e vittorioso, centro della storia della salvezza; 3) La dimensione contemplativa e orante della vita cristiana; 4) Saper riscoprire l’armonia del cosmo e dei doni di Dio.
1) Nella lettura di Ap 5,1-14 spicca l’atto di consegna del libro in forma di rotolo che il personaggio assiso sul trono, tiene con autorità nella mano destra. La scena descritta dal veggente è suggestiva, perché conferisce al rotolo una straordinaria importanza. Esso appartiene a Dio e da Lui viene consegnato affinché il suo contenuto sia finalmente rivelato. Il rotolo scritto dentro e fuori è sigillato con sette sigilli e potrà essere dischiuso solo attraverso colui che è in grado di rompere i sigilli. Con la graduale apertura dei sigilli vi sarà la lettura dei messaggi riguardanti il giudizio sull’umanità e il suo destino. La costruzione della scena invita a riflettere sul mistero della storia della salvezza, che caratterizza il progetto di Dio a favore dell’umanità. Va sottolineata l’importanza di questo progetto: ogni uomo è chiamato a discernere la sua collocazione nel progetto di Dio e a vivere la propria vocazione. La domanda «vocazionale» interpella la dimensione esistenziale dell’essere umano e il suo coinvolgimento a livello sociale e cosmico (cf. Rm 8,18-30; Ef 1,3-14).
2) È straordinaria la figura dell’Agnello che l’autore colloca al centro della scena celeste. Egli è «il più forte» (hischyros) perché superando la morte violenta, è risorto e vive immortale. La sua connotazione «pasquale» consente alcune applicazioni con ricadute per la vita dei credenti. La prima applicazione riguarda il compimento della salvezza nel mistero pasquale. Come nella prima pasqua ebraica (cf. Es 12) il popolo inizio con il sangue dell’agnello il suo cammino di liberazione dalla schiavitù egiziana, così in Cristo-Agnello la comunità sperimenta la salvezza e riceve la forza per camminare con speranza verso la meta definitiva del cielo. L’Agnello immolato è ritto in piedi nel segno della vita risorta e possiede la pienezza della potenza divina (simboleggiata dalle «sette corna») e del suo Spirito (simboleggiato dai «sette occhi»). Nella descrizione della scena l’Agnello immolato e glorioso è il «protagonista risolutore» e svolge la mediazione fondamentale perché sia finalmente svelato il mistero della salvezza.
3) La solenne liturgia descritta dal veggente richiama la dimensione spirituale della vita di fede. Va sottolineato il diffuso bisogno di riscoprire oggi questa dimensione. Essa emerge dalla domanda di spiritualità che si manifesta in diversi modi a livello personale ed ecclesiale. La contemplazione di Dio e del suo mistero di amore non va intesa come una forma di fuga dalle responsabilità storiche, ma come un processo di interiorizzazione e di maturazione di ogni credente in vista dell’impegno nella missione e nella quotidiana testimonianza evangelica. Al motivo della contemplazione si collega quello della preghiera, simboleggiato dai personaggi che circondano il trono di Dio. Essi si prostrano davanti all’Agnello e elevano un canto nuovo (la cetra) unito alla preghiera dei santi (le coppe d’oro colme di profumi). Azione pastorale e adorazione spirituale sono aspetti di un unico cammino di maturità ecclesiale.
4) Un ultimo aspetto riguarda la relazione tra rivelazione celeste e armonia cosmica. Nell’ottica della rivelazione cristiana il «regnare sulla terra» si traduce in un servizio verso il cosmo. La visione giovannea offre un’idea di pacificazione tra il cielo e la terra. Tale pacificazione ricalca la tradizione genesiaca (cf. Gen 1-2) secondo cui l’uomo è chiamato a prendersi cura del creato come la sua «casa comune» e a lavorare il suolo collaborando con l’opera sapiente del Creatore. La visione culmina con la triplice partecipazione alla liturgia celeste di adorazione e di lode. In primo luogo vi è la prostrazione dei quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani (v. 8), seguono le schede angeliche (v. 11) ed infine tutte le creature nel cielo e sulla terra (v. 13). Il servizio di Dio implica il rispetto della natura e delle sue leggi.
*** Domande
- Nell’impegno della fede e nel cammino ecclesiale si da spazio alla ricerca del progetto di Dio? Il «progetto di Dio» è interpretato come un piano di vita, una strada che porta all’amore e alla felicità? Come si possono aiutare i giovani a cercare il progetto di Dio?
- La figura dell’Agnello immolato e glorioso richiama l’annuncio della Pasqua. Come vivere il cammino pasquale e aiutare le nostre comunità ad approfondire l’annuncio della Pasqua di Cristo?
- La nostra pagina fa emergere anche la domanda della vita spirituale, dell’esperienza della preghiera e della contemplazione? Come viene percepita l’esigenza di approfondire la preghiera? Come favorire la crescita nella vita di preghiera?
- I cristiani sono chiamati a vivere con responsabilità nel mondo e a sensibilizzare il rispetto della creazione e dell’ecologia. C’è sensibilità su questo tema oggi, anche grazie agli insegnamenti del magistero? Quale cammino è possibile proporre per far maturare una coscienza ecologica nel rispetto della rivelazione cristiana?
[1] Cf. C. Doglio, La testimonianza del discepolo. Introduzione alla letteratura giovannea (Graphè 9), LDC, Torino 2018, 284.
[2] Il libro è “sulla mano destra” (epi tēn dexian) per essere aperto e letto; cf. G. Biguzzi, Apocalisse (I libri biblici. Nuovo Testamento 20), Paoline, Milano 2005, 144.
[3] Il verbo «sigillare (sphragein)» indica un processo di chiusura ermetica, di nascondimento (cf. Ap 22,10).
[4] L’immagine simbolica lascia supporre che si tratta di un «rotolo» (in latino volumen).
[5] Annota Doglio: «Data l’ambiguità del testo l’interpretazione migliore sembra quella più ampia: il libro segreto contiene il piano di Dio, è il suo progetto sulla storia dell’uomo, è la risposta ai grandi “perché” dell’umanità» (Doglio, La testimonianza del discepolo, 286).
[6] Per il vocabolario biblico del «piangere» e il suo impiego, cf. Biguzzi, Apocalisse, 145.
[7] L’impiego del termine «germoglio» (riza) è un titolo messianico unito alla figura di Davide: il leone della tribù di Giuda e la figura davidica rappresentano la componente regale e profetica del messia-salvatore, che ha vinto La sua vittoria è rappresentata dall’evento pasquale.
[8] Il termine arnion (29x in Apocalisse) è una figura del simbolismo teriomorfo attribuito a Cristo. Si tratta di un simbolo fondamentale nella teologia giovannea. Il retroterra anticotestamentario richiama diversi contesti: a) l’agnello pasquale (Es 12,1-27; Lc 23,5-6; Dt 16,1-7) che viene immolato per consumarlo nella cena pasquale e il suo sangue asperso sugli stipiti delle porte salva i figli di Israele; b) l’agnello è l’offerta (tamid) sacrificale che si praticava nel tempio di Gerusalemme la mattina e la sera (cf. Es 29,38-42; Nm 28,3-8); c) l’agnello richiama la sofferenza del servo di Yhwh (Is 53,7). Va inoltre sottolineata la differenza tra l’impiego dell’immagine dell’«agnello» (amnos) nel Quarto Vangelo (cf. Gv 1,19-36) e in Apocalisse.
[9] «In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro. Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola. 8I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi» (Ap 4,6b-8). Per l’interpretazione dei quattro esseri viventi, cf. Biguzzi, Apocalisse, 140-142.
[10] L’identificazione simbolica di «ventiquattro anziani» ha suscitato una serie di ipotesi. Il ruolo dell’anziano richiama la responsabilità e la maturità dei capi del popolo di Israele, così come si collega alla vita della comunità cristiana. Il numero 24 può alludere alla somma tra le 12 tribù di Israele e i 12 apostoli. Considerando la loro attestazione nell’Apocalisse, il gruppo degli anziani simboleggia l’intera storia che è intorno al trono di Dio, lo adora e ne riconosce la signoria (cf. Biguzzi, Apocalisse, 139).
[11] La cetra richiama l’accompagnamento della preghiera cantata, della salmodia, della lode e dell’adorazione (cf. Sal 33,2; 98,5; 147,7; 150,3).
[12] Il simbolo delle coppe di oro richiama l’ambiente cultuale così come l’incenso (profumo) che sale a Dio ricorda le preghiere dei santi (cf. Sal 141,2; Lc 1,10).
[13] Cf. 1Cor 6,20; 7,23; Gal 3,13; 4,5; 2Pt 2,1; cf. Biguzzi, Apocalisse, 151-152.
[14] Il motivo sacerdotale-regale rimanda al contesto dell’esodo, quando ai piedi del monte Sinai Yhwh rileva l’elezione del popolo di Israele. Il testo recita: «Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti» (Es 19,3-6).