Omelia per il Giubileo Diocesano 2025 e il Centenario della Diocesi Sabina

Dal Vangelo la speranza per la Chiesa

Abbiamo voluto questa celebrazione diocesana per vivere insieme il giubileo della speranza: abbiamo preferito fare il giubileo diocesano qui a Farfa per lasciare alle parrocchie e ai gruppi la libertà e la possibilità di partecipare agli eventi giubilari a Roma. Inoltre in questa celebrazione ricordiamo una data significativa: il 3 giugno del 1925 (cento anni fa) il Papa Pio XI, con la bolla Suburbicariae Sabinae, unificò la diocesi Sabina e la diocesi di Poggio -Mirteto e quindi si costituì la diocesi come la conosciamo ora.

Vi invito a vivere questa celebrazione ricordando il cammino che insieme abbiamo compiuto, in particolare, in questi ultimi tre anni. Un cammino molto puntuale e preciso. Abbiamo riflettuto su punti fermi della nostra fede e del nostro essere chiesa (ecclesia super petram aedificata). Il punto fermo per eccellenza è la promessa che il Signore ci ha fatto: io sarò con voi fino alla fine dei tempi. Abbiamo poi riflettuto sull’invito che sempre risuona nel vangelo: convertitevi (ecclesia semper purificanda est). Infine vi ho invitato a saper vedere non solo le cose che sono sotto i nostri occhi, il presente, ma a vedere ciò che è al di là del presente: il nostro sguardo deve essere sempre rivolto verso l’eternità, verso le cose invisibili (ecclesia sicut sponsa ornata).

E allora stasera permettetemi di sognare un po’: fatemi immaginare il futuro della nostra chiesa sabina, fatemi condividere con voi i miei sogni e le mie speranze. Faccio questo non partendo da mie previsioni o da miei desideri ma dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato. Come sapete, il mio ministero episcopale in mezzo a voi volge al termine: due anni passano molto velocemente. Il mio compito di vescovo è in qualche modo simile a quello di Mosè che, al termine della sua vita, è invitato a salire sul monte e a contemplare da lontano la terra promessa. Verso quale futuro ci muoviamo? Quali sono le nostre speranze? Cosa Dio prepara per noi?

Il Vangelo diceva: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!»

Il Signore ci ha dato tanti segni in questi anni e sarebbe vera cecità non ringraziarlo per i suoi doni. Sono sicuro che il Signore continuerà a benedire la chiesa sabina con il dono abbondante delle vocazioni: vocazioni laicali, vocazioni di speciale consacrazione, vocazioni presbiterali e diaconali. I doni che il Signore ci ha fatto con abbondanza ci invitano a un impegno sempre maggiore: sono assolutamente certo che la generosità del Signore in futuro ci lascerà veramente stupiti.

Su un’altra frase del vangelo di questa domenica fermo la mia attenzione: « In qualunque casa entriate, prima dite: ‘pace a questa casa? »

Mi capita di leggere, sia nella cronaca locale che nazionale, a volte anche con il coinvolgimento di ecclesiastici, di episodi nei quali si parla di pace mettendo in essere delle iniziative che mi sembrano molto autoreferenziali. Cosa spero? Cosa mi auguro per il futuro della Chiesa Sabina? Una attenzione sempre vigile alle necessità delle persone che sono in difficoltà, sia materiale che spirituale. Una attenzione fatta di opere concrete guidate dal principio evangelico ‘non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra’. Una attenzione animata da quella carità che ha guidato i grandi santi della Chiesa di ieri e di oggi. Una carità non ideologica o interessata ma una carità gratuita capace di riconoscere la dignità di ogni persona. Solo così si costruisce la pace.

La terza frase del Vangelo su cui vi invito a fermare la vostra attenzione è questa: « Dite loro: ‘è vicino a voi il regno di Dio’ »

Qui non parlo di futuro lontano ma di futuro prossimo. Già dal prossimo anno avvieremo un cammino tutto incentrato su quello che è il motivo di esistere della Chiesa: annunciare il Vangelo. In un noto discorso alla Curia Romana, Papa Francesco affermava che non viviamo un’epoca di cambiamenti ma viviamo in un cambiamento d’epoca. Non sono un intellettuale, ma mi chiedo semplicemente: e quale epoca ci attende? Due sono le possibilità e le descrivo con due episodi che ricorrono negli Atti degli Apostoli. San Paolo si reca ad Atene per annunciare il Vangelo e appena comincia a parlare di Cristo e della sua resurrezione gli ateniesi reagiscono in modo sarcastico: «Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”» (At 17,32). Completamente diversa è la scena narrata nel Capitolo 16 degli Atti. Paolo Sta organizzando una vasta campagna missionaria. Incontra delle difficoltà ma: «Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: “Vieni in Macedonia e aiutaci!”. Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo» (At 16, 9-10). Cosa ci aspetta? Abbiamo davanti a noi un’epoca caratterizzata dal sarcasmo autosufficiente degli ateniesi o dalla supplica del macedone? Tutti dicono che il sarcasmo degli ateniesi caratterizzerà la storia della chiesa del prossimo futuro. Personalmente, con la massima umiltà, penso che sarà esattamente l’opposto!

E infine l’affermazione forte di Gesù: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore». Gesù manda in missione i ‘settantadue’: quindi questa parola si rivolge a tutti gli evangelizzatori. Però desidero rivolgermi ora soprattutto a coloro che nelle comunità hanno il compito di guidare le comunità stesse e cioè i presbiteri. E in questa celebrazione ricordo tutti i cardinali, i vescovi e i presbiteri defunti che in questi cento anni hanno servito questa Chiesa.

Cosa spero? Cosa mi sembra di vedere nel futuro della Chiesa Sabina? Io credo di poter dire, anche in base all’esperienza di questi anni, che nel futuro ci sarà sempre più un presbiterio unito al vescovo come le corde alla cetra, secondo la bellissima espressione di Sant’Ignazio di Antiochia. Un presbiterio capace di affrontare con coraggio, concretezza e lungimiranza le sfide dell’evangelizzazione. A me e a voi ricordo le parole di Paolo nella lettera agli Efesini: «La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6,12).

La nostra diocesi ha come protettrice la Beata Vergine Maria assunta in cielo. È lei che contempliamo ricordando il centenario della diocesi: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle» (Ap 12, 1). Affidiamo a Maria il nostro cammino e continuiamo a seguire, con fedeltà e coraggio il Signore Gesù che ci chiama verso un futuro carico di benedizioni: i vostri nomi sono scritti nei cieli.

Sia lodato Gesù Cristo