Carissimi,
nel bellissimo undicesimo capitolo del libro del profeta Osea si trova, al versetto 7, un’espressione che indica perfettamente l’obbiettivo che desidero dare alla Chiesa Sabina nell’anno pastorale che stiamo per iniziare:
Il mio popolo è duro a convertirsi:
chiamato a guardare in alto,
nessuno sa sollevare lo sguardo.
In questi ultimi anni abbiamo fatto un percorso molto puntuale.
Ci siamo interrogati (anno pastorale 2022-23) sui punti fermi della nostra esperienza di fede, del nostro impegno di annunciare il vangelo e della nostra vita ecclesiale (Ecclesia super petram aedificata). L’assenza di punti fermi porta o al soggettivismo o, peggio, al pessimismo.
Ci siamo poi fermati (anno pastorale 2023-24) sull’invito permanente che Gesù ci rivolge: convertitevi e credete al Vangelo (Ecclesia semper purificanda est). Questo invito ha una valenza personale, ma ha una valenza anche ecclesiale. Ci siamo posti un interrogativo molto preciso: a quale conversione la nostra comunità è chiamata?
GUARDARE IN ALTO
In questo anno pastorale che stiamo per iniziare, siamo invitati a compiere un ulteriore passo particolarmente impegnativo e al quale ho l’impressione che si dedichi pochissima attenzione.
E invece, il passo che vi invito a fare, determina sostanzialmente la qualità, lo stile, lo spessore della nostra fede, della nostra vita spirituale, della nostra esperienza ecclesiale. La vita del credente e la vita della Chiesa è tutta protesa verso l’eternità (Mt. 16,26):
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Con molta chiarezza vi dico che chi non ha questo sguardo rivolto verso l’eternità non capisce nulla del presente e tantomeno è capace di guardare al futuro.
Siamo chiamati a guardare in alto. Questo atteggiamento spirituale non ci distoglie dalla concretezza della nostra vita. Semplicemente ci aiuta a capire la nostra vita, le nostre esperienze, anche quelle apparentemente più banali. Desidero sottolineare che questo sguardo è essenziale per tutti, ma a maggior ragione è essenziale per chi è chiamato a guidare, come pastore, una comunità e per chi, in una comunità, ha compiti di responsabilità.
Questa attitudine si acquisisce certamente con il tempo e richiede una maturità spirituale, ma a questa maturità dobbiamo educarci ed educare. Provo ora a indicare i passi di questa formazione allo sguardo rivolto verso l’alto, che faremo quest’anno.
Al centro della nostra attenzione ci sarà il capitolo 21 del libro dell’Apocalisse:
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere».
Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
Dal capitolo 21 dell’Apocalisse ho ricavato il titolo di quest’anno pastorale: Ecclesia sicut sponsa ornata.
ECCLESIA SICUT SPONSA ORNATA
Questa è la Chiesa: la sposa che discende dal cielo adorna di bellezza, splendida come una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. Questa è la Chiesa amata da Cristo e per la quale ha dato sé stesso. Questa è la Chiesa che siamo chiamati ad edificare quotidianamente, la Chiesa nella quale cresce la nostra fede, la Chiesa attraverso la quale Gesù ci dona la sua Grazia.
Che ci importa delle beghe di cui si sente parlare e che sempre hanno caratterizzato la vita della Chiesa? Che ci importa delle piccole o grandi beghe che a volte si verificano nelle nostre comunità cristiane e le rendono asfittiche?
Bisogna imparare a guardare in alto. Anzi, specifico meglio l’obbiettivo di questo anno pastorale: dobbiamo imparare ad amare la Chiesa come Gesù la ama. Provo ad articolare con più precisione il cammino che vi invito a fare.
COME IMPARARE A GUARDARE IN ALTO
Alcune idee ci devono essere chiare. Anzitutto la Chiesa è una realtà terrestre e insieme celeste: è una realtà storica e concreta ma è anche un mistero che precede e trascende la storia. Il disegno divino di costituire una comunità di chiamati precede la storia, come attesta l’Apostolo (Ef 1,4-5; cf. Rm 8,28-30) quando afferma che in Cristo il Padre
[…] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà
E il mistero della Chiesa attraversa la storia, come insegna il Concilio Vaticano II: il Padre
ha voluto convocare i credenti in Cristo nella santa Chiesa, la quale, già prefigurata dal principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo d’Israele e nell’antica alleanza, stabilita negli ultimi tempi, è stata manifestata con l’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli (LG 2).
La Chiesa dunque trascende la forma che di volta in volta assume nella storia: la Chiesa è una realtà che va al di là dei limiti spazio-temporali nei quali si svolge la nostra esistenza; la precede, perché è voluta dal Padre da prima della creazione, e la seguirà perché attende di essere compiuta alla fine dei tempi.
Nella lettera agli Ebrei si dice (8,5)
Questi [i sacerdoti dell’Antica Alleanza] offrono un culto che è immagine e ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu dichiarato da Dio a Mosè, quando stava per costruire la tenda: «Guarda – disse – di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte».
Dobbiamo imparare a guardare in alto perché la Chiesa non è qualcosa che si edifica secondo i nostri gusti o, peggio, secondo i nostri interessi. C’è un modello che ci viene mostrato «sul monte», cioè nell’ascolto della Parola di Dio e nella preghiera. È a questo modello che occorre riferirsi, non a considerazioni puramente umane
Continuando questa riflessione desidero sottolineare che queste due dimensioni terrestre-celeste, costitutive della Chiesa, sono molto marcate nella liturgia, soprattutto nella liturgia eucaristica. Non solo si celebra «nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo», ma si celebra insieme all’assemblea celeste. Nella Preghiera Eucaristica III si dice:
Lo Spirito Santo faccia di noi un’offerta perenne a te gradita, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi, nostri intercessori presso di te.
E ancora. Le liturgie solenni, a cominciare dalla Veglia Pasquale, prevedono il canto delle litanie dei santi. La Chiesa terrestre celebra in comunione con la Gerusalemme celeste. Come si fa a imparare a guardare in alto? La liturgia è la grande scuola che ci educa a questo sguardo.
Un’ultima annotazione mi preme sottolineare.
L’intento dell’autore del libro dell’Apocalisse è quello di consolare i fratelli e i compagni nella fede che si trovavano nella tribolazione a causa delle persecuzioni. E questo obbiettivo Giovanni lo raggiunge ‘togliendo il velo’ (questo significa letteralmente il termine ‘apocalisse’) e aiutando così ad allargare l’orizzonte, a vedere ciò che non si vede. Per capire questo è interessantissimo un episodio del ciclo di Eliseo, perseguitato dal re di Damasco (2 Re.6, 8-23):
Il Re di Damasco disse: «Andate a scoprire dov’è costui; lo manderò a prendere». Gli fu riferito: «Ecco, sta a Dotan». Egli mandò là cavalli, carri e una schiera consistente; vi giunsero di notte e circondarono la città.
Il servitore dell’uomo di Dio si alzò presto e uscì. Ecco, una schiera circondava la città con cavalli e carri. Il suo servo gli disse: «Ohimè, mio signore! Come faremo?». Egli rispose: «Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro». Eliseo pregò così: «Signore, apri i suoi occhi perché veda». Il Signore aprì gli occhi del servo, che vide. Ecco, il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo.
I PASSI CONCRETI DA FARE
Impostare in questo modo l’anno pastorale un po’ mi spaventa. Il tema scelto potrebbe risultare un tema astratto. Eppure questa capacità di “vedere” è fondamentale. Senza questa capacità non si riescono a scorgere i punti fermi della fede e dell’esperienza di Chiesa e non si riesce ad entrare in un dinamismo di perenne conversione. Concludere il triennio pastorale contemplando la Gerusalemme celeste è, nonostante le difficoltà, entusiasmante: magari si riuscisse a crescere spiritualmente in questa capacità di guardare in alto!
Concretamente, il sussidio per la lectio divina si baserà sul libro dell’Apocalisse. Il sussidio, molto ampio e articolato, è stato preparato dal prof. Giuseppe De Virgilio, che ringrazio vivamente. Ovviamente, in questa contemplazione della Gerusalemme celeste, ci si potrà servire anche di altri strumenti. Penso, per esempio, agli Atti degli Apostoli. Penso alle parole con le quali nel Credo vengono indicate le caratteristiche della Chiesa: una, santa, cattolica, apostolica. Penso alle immagini della Chiesa usate nei documenti del Concilio Vaticano II.
Ovviamente ci saranno delle domande, che accompagneranno trasversalmente il nostro cammino di ascolto della Parola di Dio e di preghiera:
Che significa che la chiesa è «sposa»
e perché si usa questa immagine?Quali ornamenti, quali gioielli
rendono la sposa ancora più bella?Quali di questi ornamenti sono già presenti nella nostra
Chiesa Sabina e nelle nostre comunità parrocchiali?
E quali bisognerebbe acquisire?
Concludo le indicazioni per il nuovo anno pastorale con una sottolineatura. Al centro della nostra attenzione, come negli anni precedenti, c’è la Chiesa. Ma questo non significa che ci stiamo ripiegando su noi stessi. Noi guardiamo alla Chiesa, che si incarna nelle nostre comunità parrocchiali, per essere sempre più capaci e adeguati alla missione che Gesù ha affidato agli apostoli e a ogni credente: andate in tutto il mondo e annunziate il Vangelo. Chiesa, vita spirituale, testimonianza evangelica: sono tutti temi intimamente connessi tra di loro.
ANNOTAZIONI FINALI
Dopo aver indicato il percorso che siamo invitati a compiere quest’anno, aggiungo alcune annotazioni che caratterizzeranno l’impegno ecclesiale dei prossimi mesi.
La Diocesi propone alle singole parrocchie e Unità Pastorali un percorso di formazione per i membri dei consigli pastorali. Vi invito ad approfittare di questa offerta che è stata già sperimentata con successo in alcune comunità. Ovviamente continueremo a impegnarci perché dai Consigli Pastorali Parrocchiali sorga, attraverso la figura del Segretario, il Consiglio Pastorale Diocesano: mancano infatti ancora alcune parrocchie! È questo un obbiettivo che vorrei raggiungere prima del termine del mio mandato di Vescovo.
Un’altra novità caratterizzerà quest’anno pastorale. Abbiamo messo mano alla elaborazione di un sussidio diocesano per la catechesi in preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima, che si aggiunge al sussidio già in uso per la pastorale battesimale. Sono strumenti che ci aiuteranno a camminare sempre di più in sintonia.
Segnalo anche il lavoro preziosissimo che stanno facendo i presbiteri assistenti di zona per la pastorale giovanile. Questa estate ci sono state tantissime proposte che hanno visto il coinvolgimento veramente notevole di ragazzi e di giovani. Spero che, in futuro, un lavoro pastorale analogo si possa strutturare al servizio della pastorale familiare.
Infine, ma non per ultimo, Il prossimo anno pastorale vedrà la celebrazione del Giubileo. Ogni singola Comunità Parrocchiale avrà la possibilità di organizzarsi per il pellegrinaggio a Roma. Parteciperemo invece, come Diocesi, ai singoli eventi distinti per categorie: di questo si faranno carico i singoli uffici pastorali coordinati dal Vicario Generale. In Diocesi ho stabilito che le chiese giubilari dove si potrà ottenere l’Indulgenza Plenaria saranno la Basilica dell’Abbazia di Farfa e l’Antica Cattedrale di Vescovìo. Il Giubileo in Diocesi sarà aperto con una solenne celebrazione Domenica 29 dicembre alle ore 17:00 a Farfa. Altre particolari celebrazioni giubilari in Diocesi saranno comunicate in seguito.
Il Signore benedica e renda fecondo il nostro impegno apostolico. Il Signore ci conceda lo Spirito di intelletto per saper discernere, con sempre maggiore attenzione, il cammino della nostra Chiesa Sabina:
Guarda di fare ogni cosa
secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.
Invoco su tutti la materna intercessione della Beata Vergine Maria: allontani da noi ogni male e ci ricolmi della Grazia che ha colmato la sua vita.