Lectio 1

Il volto di Dio nei segni della storia

Ottobre 2023

Invocazione allo Spirito Santo

Vieni, o Spirito Santo, dentro di me, nel mio cuore e nella mia mente. Accordami la tua intelligenza, perché io possa conoscere il Padre nel meditare la Parola del Vangelo. Accordami il tuo amore, perché anche quest’oggi, esortato dalla tua parola, ti cerchi nei fatti e nelle persone che ho incontrato. Accordami la tua sapienza, perché io sappia rivivere e giudicare, alla luce della tua Parola, quello che oggi ho vissuto. Accordami la perseveranza, perché io con pazienza penetri il messaggio di Dio nel Vangelo.

 

Ambientazione

Il testo del vangelo con cui comincia il nostro itinerario è un brano cruciale, nella narrazione di Giovanni che ce lo propone, e rimanda ad altri racconti paralleli degli autori sinottici. Siamo nel contesto del capitolo 6, denominato “il capitolo del Pane del Cielo”, nel quale il quarto evangelista presenta un dibattito, fra Gesù e i suoi contemporanei, che approfondisce il contenuto del mistero eucaristico. Ciò che in Marco, Matteo e Luca, come pure nella memoria viva di Paolo che scrive ai Corinzi, viene tramandato con i gesti dello spezzare il pane e del distribuire il vino che caratterizzano l’ultima cena di Gesù nel Cenacolo, qui viene reso oggetto di una profondissima meditazione. Essa però è preceduta da un evento sconcertante, uno dei “sette segni” compiuti dal Maestro e descritti in Giovanni: la moltiplicazione dei pani, alla fine della quale si dice che “la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: ‘Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!’. Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo” (Gv 6,14-15). La frase e il comportamento di Gesù spiegano il nucleo della diatriba che si innesca successivamente, dopo che Gesù ha camminato sulle acque di notte, salendo sulla barca dei discepoli spaventati mentre il mare era agitato. Gesù compie un segno a dir poco vistoso: ma tutti i segni sono rischiosi, perché necessitano di una interpretazione per essere capiti. Questo vale in particolare per ciò che si riferisce a Dio, in quanto Egli è per ogni Giudeo assolutamente trascendente e irraggiungibile. Dio non può essere né visto né toccato, poiché Egli è l’Onnipotente, e per questo inaccessibile. Per i Giudei – così sono chiamati i contemporanei di Gesù da Giovanni – non è ammissibile pensare che Dio possa essersi fatto presente in carne umana. Essi concepiscono l’idea che l’Altissimo possa scegliere un uomo – come ha fatto con i profeti, i re e i sacerdoti in tutta la storia della salvezza – e inviarlo a portare un suo messaggio al popolo d’Israele, e qualche volta forse anche a tutte le nazioni. Ma non possono accettare che Dio in persona “scenda” dal suo trono celeste e si incarni, tra le vicende del mondo, fino al punto da rendersi accessibile e fragile, addirittura tanto debole da promettere che la sua stessa carne verrà mangiata per dare vita. Sono in ballo due concezioni religiose totalmente discordanti tra loro, perché sono in ballo due immagini di Dio opposte.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,26-34)

Testo CEI 2008

[26] Gesù rispose loro: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. [27] Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. [28] Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio? “. [29] Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. [30] Allora gli dissero: “Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? [31] I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo”. [32] Rispose loro Gesù: “In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. [33] Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. [34] Allora gli dissero: “Signore, dacci sempre questo pane”.

Testo TILC

[26] Gesù rispose: Voi mi cercate, ma non per i segni miracolosi! Ve lo dico io: voi mi cercate solo perché avete mangiato il pane e vi siete levati la fame. [27] Non datevi da fare per il cibo che si consuma e si guasta, ma per il cibo che dura e conduce alla vita eterna. Ve lo darà il Figlio dell’uomo. Dio ha messo su di lui il suo segno di approvazione. [28] La gente domandò a Gesù: Quali sono le opere che Dio vuole da noi? Siamo pronti a farle! [29] Gesù rispose: Un’opera sola Dio vuole da voi, questa: che crediate in colui che Dio ha mandato. [30] Non sono venuto dal cielo per fare quello che voglio io: devo fare la volontà del Padre che mi ha mandato. [31] Gli risposero: Che cosa fai di straordinario, perché crediamo in te? I nostri antenati mangiarono la manna nel deserto; come dice la Bibbia: Ha dato loro da mangiare un pane venuto dal cielo. Tu, che opere fai? [32] Gesù disse loro: Ve lo assicuro: non è Mosè che vi ha dato il pane venuto dal cielo. È il Padre mio che vi dà il vero pane venuto dal cielo. [33] Il pane di Dio è quello che viene dal cielo e dà la vita al mondo. [34] La gente gli disse: Signore, dacci sempre questo pane!

 

Meditazione

Nel racconto evangelico sono di fronte due visioni della religione, due modi di comprendere l’esperienza di fede, perché si contrappongono due immagini opposte di Dio. Ecco perché l’inizio del nostro itinerario è fondamentale: si parte dalla fonte, da ciò che dà origine a tutto il resto. Il nostro modo di pensare Dio, di concepirlo e di comprenderlo, infatti, condiziona in maniera decisiva il nostro modo di vivere la nostra relazione con Lui e la religione. Per i Giudei, come a volte per tanti di noi, vi è una idea di Dio come di colui che opera garantendo ai sui eletti il necessario per vivere e per avere benessere, “come sta scritto: ‘Diede loro da mangiare pane dal cielo’.” (Gv 6,31). L’esperienza del deserto e dalla presenza provvidente di Dio si è tramutata progressivamente in una sorta di autogiustificazione: di fronte agli imprevisti della vita, davanti alle fatiche e dentro le minacce dell’esistenza, Dio è colui che garantisce protezione, ma una protezione materiale ed esclusiva per i membri del popolo d’Israele. Dentro questa visione, non c’è spazio per la novità di un Dio che allarga gli orizzonti e scava dentro i cuori. Il nutrimento di cui i Giudei – e spesso anche noi – sembrano avere fame è solamente una sorte di assicurazione sugli alimenti, sull’integrità della razza, sulle sicurezze della terra e del mantenimento della propria famiglia. Da questa prospettiva, che fa di Dio un idolo a proprio servizio, vengono interpretati i cosiddetti “segni”, che in realtà perdono la loro pregnanza simbolica, perché chi si affida a un dio così, di fatto vive un’esistenza piatta, orizzontale, incapace di oltrepassare il limite del tempo e dello spazio, chiusa nelle proprie siepi e impaurita di ogni sorpresa. Il Dio che invece Gesù rivela, è capace di stupore, e se compie un gesto prodigioso, come dare da mangiare a “circa cinquemila uomini” con “cinque pani d’orzo e due pesci”, lo fa per significare quanto in Lui vi è di più grande e di nascosto: la capacità di dare un’altra vita, della quale il cuore di ogni uomo e donna è assetato. Gesù agisce in maniera da rivelare la presenza di Dio come di un Padre che nutre la fame più profonda dei propri figli, il desiderio di eternità e di senso che grida nelle vicende di tutti i popoli in ogni tempo. Ma per comprendere questa verità, per lasciarsi coinvolgere da tale dono, è necessario il passo previo della fede: sulla fede si fonda una religione secondo il cuore di Dio. Ecco perché Gesù rimprovera i suoi contemporanei di non credere. Sa che soltanto il movimento dell’abbandono, cuore dell’esperienza della fede, può generare la dinamica della salvezza, offrendo nella persona stessa di Gesù il Pane che sazia ed è preludio di resurrezione.

 

Conclusione

Per crescere, chiediamoci:
– Quale immagine di Dio porto in me? E quale immagine di Dio manifestano i miei gesti e le mie parole?
– Quali segni nella mia vita mi hanno aiutato a cambiare l’idea di Dio che coltivavo in me, rendendola più conforme al volto del Padre rivelato in Gesù?
Invochiamo con fiducia:
Signore Gesù, aiutami a riconoscere il volto di Dio Padre che riveli nei segni sacramentali.