Lectio 6

La forza della speranza

Marzo 2024

Invocazione allo Spirito Santo

Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in noi quello stesso fuoco che ardeva nel cuore di Gesù, mentre egli parlava del regno di Dio. Fa’ che questo fuoco si comunichi a noi, così come si comunicò ai discepoli di Emmaus. Tu solo, Spirito Santo, puoi accenderlo e a te rivolgiamo la nostra debolezza, la nostra povertà, il nostro cuore spento, perché tu lo riaccenda del calore della santità della vita. Donaci, Spirito santo, di comprendere il mistero della vita di Gesù. Te lo chiediamo per intercessione di Maria, Madre di Gesù, che conosce Gesù con la perfezione e la pienezza della Madre e con la perfezione e la pienezza di colei che è piena di grazia.

 

Ambientazione

L’episodio della moltiplicazione dei pani deve avere destato grande scalpore fra tutti coloro che, in un modo o nell’altro, seguivano Gesù: la folla che gode dei pani e dei pesci; i farisei suoi detrattori, che – chiusi nei loro razionalismi – chiedono un segno ancor più eclatante; i discepoli, stretti collaboratori del Maestro, che avevano fisicamente distribuito gli alimenti. Lo stupore e lo sconcerto erano tali, che gli evangelisti sinottici sentono il bisogno di raccontarli due volte, manifestando così la misericordia di Dio rivolta sia ai Giudei (cfr. Mc 6, 30-44) che ai pagani (cfr. Mc 8, 1-10). Così il capitolo 8 di Marco prepara il dialogo fra Gesù e gli apostoli, che si svolge sulla barca, mentre vanno all’altra riva, simbolo efficace di ogni attraversata che la vita ci richiede. Accade qualcosa di sorprendente, a indicare finemente il mistero delle dinamiche umane, in un orizzonte psicologico, oltre che spirituale: i discepoli partono scordandosi le scorte di cibo per il viaggio! Questa incredibile dimenticanza, per uomini pratici come loro, genera una discussione appassionata, che risulta totalmente scollegata dalle preoccupazioni di Gesù, il quale è invece intento a provare a mostrare come “il lievito dei farisei e il lievito di Erode” (8,15) siano pericolosi, perché scaturiscono dalla ricerca di sé e dei propri interessi. Quale delusione per Gesù constatare che la scarsa memoria dei suoi amici più stretti riguarda anche i meravigliosi momenti da poco vissuti! Aver nutrito tanta gente con pochissime risorse è passato ad essere un lontano ricordo, archiviato nell’album delle fotografie sbiadite. Così rapidamente i discepoli ricadono nell’ansia e nella frenesia di occuparsi e preoccuparsi delle questioni superficiali di un’esistenza senza profondità e senza direzione. La barca prosegue verso la meta, ma il cuore è sperduto perché non cerca più il proprio orizzonte di significato. I discepoli sono come ciechi davanti alla verità dell’essere. Per questo Marco incornicerà la successiva sessione del proprio vangelo, in cui Gesù si dedica ad educare questo piccolo nucleo iniziale della Chiesa, i 12 apostoli e gli amici più vicini, raccontando la guarigione di due ciechi: a Betsàida (Mc 8, 22-26) e a Gerico (Mc 10, 46-52). Essi diventeranno modelli per un autentico discepolato. I seguaci di Gesù sono coloro che si lasciano aprire gli occhi al senso più profondo dell’esistenza contemplando il mistero dell’amore di Dio rivelato sulla croce. L’alternativa è vivere una vita di superficie, incatenati alla paura del futuro, irrigiditi in una visione pessimistica delle vicende del mondo e incapaci di riconoscere la presenza premurosa del Padre tra le pieghe della storia.

 

Dal Vangelo secondo Marco (8,13-21)

Testo CEI 2008

In quel tempo, Gesù 13brisalì sulla barca e partì per l’altra riva. 14Avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. 15Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». 16Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. 17Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? 18Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, 19quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». 20«E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». 21E disse loro: «Non comprendete ancora?».

 

Testo TILC

13Poi si allontanò da loro, salì di nuovo sulla barca e se ne andò verso l’altra sponda del lago. 14I discepoli avevano dimenticato di prendere il pane e nella barca avevano un solo pane. 15Gesù fece questa raccomandazione: State attenti! Tenetevi lontani dal lievito dei farisei e da quello di Erode! 16E i discepoli si misero a discutere tra loro: ‘Parla così perché non abbiamo pane’.
17Gesù se ne accorse e disse: Ma perché state a discutere che non avete pane? Non capite ancora e non vi rendete conto di nulla? La vostra mente è bloccata? 18Ostinati! Avete gli occhi e non vedete, avete orecchi e non intendete? Cercate di ricordare: 19quando ho distribuito quei cinque pani per cinquemila persone quante ceste di avanzi avete raccolto?
Risposero: Dodici. 20E quando ho distribuito quei sette pani per quattromila persone, quante ceste di pane avete raccolto?
Risposero: Sette. 21Allora Gesù disse: E non capite ancora?

 

Meditazione.

La vita è intessuta di cose belle e di esperienze meravigliose, ma scorre per lo più fra le normali e quotidiane preoccupazioni che generano ansia e motivano gran parte delle nostre azioni. È normale agitarsi se lo stipendio per arrivare a fine mese non basta o se la malattia di una persona cara sfugge alle diagnosi dei medici. Tuttavia, questa ordinarietà risulta spesso motivo di frenesia e di angoscia, allorquando non si è capaci di tenere vivo nella memoria il ricordo di tutte le volte in cui, nella nostra storia personale e in quella dell’umanità tutta, la presenza di Dio si è resa palese, aiutandoci a superare momenti di sconforto o situazioni difficili.

Paradossalmente, è proprio la dimenticanza di una fedeltà d’amore nella nostra esistenza a rendere il futuro tanto spaventoso e fonte di eccessiva paura. La speranza ha radici nella custodia di una memoria viva, come insegnano i padri ebrei ai loro figli, su invito di Dio: “Guàrdati dal dimenticare…” (cfr. Dt 6,12ss). I nonni sono i cultori dei sogni per i propri figli e nipoti, se sanno coltivare la saggezza dei giorni vissuti e uno sguardo grato a quanto la vita ha donato loro.

Di contro, il rischio è di scivolare in un pessimismo sterile, che evidenzia della vita soltanto le mancanze e i limiti, e smarrisce le tracce di bene seminate e ricevute. Per i cristiani, “una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura” (EG 85). In molti casi, come i discepoli, anche noi rischiamo di trasformarci in profeti di sventura, chiudendoci in forme di vittimismo e di rassegnazione. È come se la Settimana Santa terminasse con il venerdì santo, e nella morte del Signore vedessimo concludersi anche le prospettive dell’esistenza umana.

Tante volte gli apostoli saranno preparati da Gesù all’esperienza pasquale: Egli annuncerà loro la sua passione e morte, ma sempre accostate alla vittoria finale della risurrezione (cfr. Mc 8,31; 9,31; 10,33-34). Ma i discepoli non capiscono, chiusi in maniera ottusa nella propria visione del mondo, nel quale sembra che le necessità immediate e terrene dicano tutto di ciò che l’uomo è. Non capiranno la risurrezione fino a che lo Spirito Santo non aprirà loro gli occhi del cuore.

Noi abbiamo ricevuto lo stesso Spirito nel battesimo e nella confermazione. Sappiamo che la fiducia che vince il pessimismo scaturisce dall’esperienza di partecipare della grazia della croce che salva e del sepolcro vuoto. “Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male” (EG 85).

 

Conclusione.

Per crescere, chiediamoci:
– Sono una persona di speranza, capace di uno sguardo fiducioso sulla vita, nonostante le fragilità e i fallimenti? Oppure coltivo un animo pessimista e amareggiato?
– So dare fiducia a coloro che incontro e che sono chiamato a servire? So vedere e aiutare a riconoscere i segni della presenza di Cristo risorto nei solchi della storia?

Invochiamo con fiducia:
Signore Gesù, morto e risorto per noi,
aiutaci a riconoscerti vivo nelle pieghe della nostra storia,
anche quando essa è segnata dal dolore e dalla fatica.