Lectio 6

La vittoria sul male

Apocalisse 17

 Invocazione dello Spirito Santo:
Vieni, Spirito Santo,
vieni, Spirito consolatore,
vieni e consola il cuore di ogni uomo
che piange lacrime di disperazione.
Vieni, Spirito Santo,
vieni, Spirito della luce,
vieni e libera il cuore di ogni uomo
dalle tenebre del peccato.
Vieni, Spirito Santo,
vieni, Spirito di verità e di amore,
vieni e ricolma il cuore di ogni uomo,
che senz’amore e verità non può vivere.
Vieni, Spirito Santo,
vieni, Spirito della vita e della gioia,
vieni e dona a ogni uomo la piena comunione con te,
con il Padre e con il Figlio,
nella vita e nella gioia eterna,
per cui è stato creato e a cui è destinato. Amen.

San Giovanni Paolo II
(cf. Dominum et vivificantem, 67)

 Ambientazione:
Dopo aver presentato i sette angeli, usciti dal tempio celeste che contiene la Tenda della Testimonianza, Gio-vanni riferisce che a loro vengono date sette coppe «col-me dell’ira di Dio» (15,7). Segue in Ap 16,1-21 la descri-zione del versamento delle coppe con la rispettiva conse-guenza distruttiva nel cosmo. La prima coppa produce una piaga maligna e ulcerosa (16,2): nel suo simbolismo questa piaga indica la condanna dell’idolatria. La secon-da coppa è versata sul mare che diventa sangue facendo morire tutte le creature viventi (16,3). La terza coppa tramuta in sangue fiumi e sorgenti (16,4-7). La quarta coppa è versata sul sole. Essa brucia gli uomini (Ap 16,8-9; cf. Mal 3,19). La quinta coppa viene versata sul trono della bestia, il cui regno viene avvolto dalle tenebre (Ap 16,1011). La sesta coppa viene versata sul fiume Eufrate che si prosciuga per lasciare un passaggio ai re di oriente (Ap 16,12). In Ap 16,13-16 ritorna la presentazione della potenza diabolica. Dalla bocca del drago, della bestia e del falso profeta escono tre spiriti immondi simili a rane che seducono la terra con i loro prodigi satanici e si pre-parano per la guerra del grande giorno di Dio onnipoten-te. Essi si radunano in un luogo chiamato Armaghedòn (16,16). Con la settima coppa si ha il compimento delle piaghe («è fatto – è compiuto»). Il contenuto della coppa viene versato nell’aria e produce segni teofanici a cui se-gue lo squarcio delle grandi città e la caduta di grandine come il più grande flagello. La descrizione del settenario delle coppe prepara il castigo di Babilonia, che viene nar-rato in Ap 17,1-18. Il motivo dominante dei capitoli 17-18 è il castigo di «Babilonia» e la contrapposizione tra le due città più note, Gerusalemme e Roma. La prima è la sposa dell’Agnello che verrà presentata in Ap 21. All’opposto si pone la città corrotta, situata sui sette col-li, che combatte l’Agnello e i suoi santi. Ap 17-18 hanno diversi elementi comuni ma si differenziano per il genere letterario. Ap 17 presenta una visione mentre il capitolo successivo riporta un «canto funebre».
 Brano della Scrittura: Ap 17,1-18
1E uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe, ven-ne e parlò con me: «Vieni, ti mostrerò la condanna della grande prostituta, che siede presso le grandi acque. 2Con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». 3L’angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. 4La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d’oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. 5Sulla sua fronte stava scritto un nome mi-sterioso: «Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra».
6E vidi quella donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da gran-de stupore. 7Ma l’angelo mi disse: «Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, quella che ha sette teste e dieci corna.
8La bestia che hai visto era, ma non è più; salirà dall’abisso, ma per andare verso la rovina. E gli abitanti della terra il cui nome non è scritto nel libro della vita fi-no dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era, e non è più; ma riapparirà. 9Qui è necessaria una mente saggia. Le sette teste sono i sette monti sui quali è seduta la donna. E i re sono sette: 10i primi cinque sono caduti; uno è ancora in vita, l’altro non è ancora ve-nuto e, quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. 11La bestia, che era e non è più, è l’ottavo re e anche uno dei sette, ma va verso la rovina. 12Le dieci corna che hai visto sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale per un’ora soltanto, insieme con la bestia. 13Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia. 14Essi combatteranno contro l’Agnello, ma l’Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli».
15E l’angelo mi disse: «Le acque che hai visto, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, molti-tudini, nazioni e lingue. 16Le dieci corna che hai visto e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasce-ranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco. 17Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si compiano le parole di Dio. 18La donna che hai visto simboleggia la città grande, che regna sui re della terra».

 Approfondimento esegetico:
Ap 17 si compone di due unità: vv. 1-7 la presentazio-ne della «prostituta»; vv. 8-18: l’interpretazione del sim-bolismo della bestia e della prostituta. Nel v. 1 è presen-tato uno dei sette angeli delle coppe che mostra a Gio-vanni la condanna della «grande prostituta» che corri-sponde a Babilonia (v. 1). Va ricordato che il ruolo degli angeli delle coppe prosegue, a differenza degli angeli del-le trombe. Infatti anche nel presentare la Gerusalemme escatologica interverrà uno dei sette angeli delle coppe (cf. Ap 21,9). Il capitolo 17 si apre con l’angelo invita il veggente a seguirlo perché sta per mostrargli «la condan-na (krima) della grande prostituta (tēs pornēs tēs me-galēs), che siede presso le grandi acque». La presenta-zione di questa figura femminile è completata al v. 2: tutti i re, sedotti dal suo potere, hanno partecipato alla sua prostituzione e gli abitanti della terra sono stati inebriati dal suo vino. Con questa formula l’autore intende sotto-lineare la forza negativa che caratterizza la «prostituta». Essa sottomette e seduce sia i potenti che governano la terra, sia i suoi abitanti ingannati dal suo dominante pia-cere. L’immagine è collegata ad una città, definita al v. 5 con un nome: «Babilonia la grande». Nel v. 16 sarà detto che questa città verrà distrutta e incendiata. La dramma-tica presentazione della personificazione del male, che abbiamo visto applicata alle bestie e al falso profeta, è ora raffigurata dalla prostituta. Nel v. 3 l’angelo porta il veggente nel deserto. Si tratta di un deserto diverso dal luogo di rifugio dove è stata protetta la «donna vestita di sole» che ha dato alla luce il bambino (Ap 12,6). In realtà nello sfondo del deserto, viene presentata una donna «seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di no-mi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna» (v. 3). Il simbolismo della bestia (simbolo teriomorfo) di colore rosso scarlatto (simbolo cromatico) indica la persistenza del potere malefico, la sua esibizione sfacciata, connotata da nome blasfemi, portatori di una carica offensiva e spregiudicata. L’arroganza di questa immagine è traspor-tata ad altri due simboli: la bestia ha sette teste e dieci corna (cf. la medesima presentazione della bestia che viene dal mate in Ap 13,1). A questa prima descrizione si aggiungono gli elementi del v. 4: «La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d’oro, colma degli or-rori e delle immondezze della sua prostituzione». L’autore sottolinea l’ostentazione del potere e dell’apparenza che mostra la realtà dominante descritta nelle fattezze di una figura femminile. Le vesti scarlatte, la preziosità dell’oro e delle perle e la coppa d’oro sono elementi che ingigantiscono ulteriormente la sfrontatezza del potere seducente, degli orrori e delle indegnità perpe-tuate senza limite dal soggetto descritto. Esso ha un nome inciso sulla fronte che caratterizza il suo «mistero (my-stērion)». Questo nome è «Babilonia la grande», definita come «la madre delle prostitute e degli orrori sulla terra» (v. 5). Va ricordato come nella Bibbia sono poche le città definite «grandi»: Sidone (Gs 11,8; 19,28), Hamat (Am 6,2), Ninive (Gn 1,2; 3,1; 4,11) e Babilonia (Dn 4,27). Quest’ultima città, Babilonia, occupa un posto negativo di rilievo per via della distruzione di Gerusalemme, dell’esperienza dell’esilio e delle sue conseguenze per la comunità di Israele (cf. 2Re 25; Ger 39,1-10; 52,12-27). Siamo di fronte alla presentazione della personificazione del «male», evocato nell’immagine della potenza babilo-nese (cf. i poemi profetici contro Babilonia: Is 13-14; 21; Ger 50-51). Il male è descritto come una concentrazione di potere, corruzione, ricerca del benessere egoistico, culto dell’effimero, che si manifesta con tutta la sua arro-ganza e violenza. Non c’è limite al peggio, a ciò che schiavizza e seduce l’umanità.
Questa figura femminile, che simboleggia il potere umano e il suo impero, è «ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù» (v. 6). La negatività di Babilonia è segnata dalla persecuzione dei cristiani, che non hanno voluto sottomettersi al potere della bestia e sono stati eliminati pagando con il sangue la loro resi-stenza al male . Il veggente è colto da un grande stupore. Di fronte a questa reazione l’angelo gli fornirà l’interpretazione del «mistero» (mystērion) della donna e della bestia che la porta, con le sue sette teste e dieci cor-na.
Nel v. 8 inizia l’interpretazione del «mistero» della bestia. L’autore sottolinea che la bestia «era», «non è più», ma che il suo ultimo atto consisterà nel risalire dall’abisso per andare verso la rovina. La bestia ci è pre-sentata in una sorta di «parodia». La formula, che gioca sul verbo «essere» («era, è, sarà») , intrisa del linguaggio apocalittico intende alludere ad un potere che già è stato sconfitto e circoscritto nella sua negatività, ma che dovrà manifestarsi come «redivivo» per un breve momento e concludere la sua parabola con la definitiva rovina. Que-sto «ritorno» ad essere (redivivus) con tutta la sua scintil-lante apparenza genera stupore in tutti quegli «abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fino dalla fondazione del mondo». Tuttavia il ritorno li-mitato e momentaneo della bestia sarà deleterio per colo-ro che non hanno accolto la Parola di salvezza e sono estranei al «libro della vita». Per interpretare bene questo simbolo l’autore ammonisce il lettore ad «avere una men-te saggia» (v. 9). Il testo parallelo in cui ricorre la prece-dente ammonizione è Ap 13,18: «Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: è infatti un numero di uomo, e il suo numero è seicentosessantasei». In questo caso si trattava di interpretare il segreto del numero imperfetto «666» identificato con un singolo personaggio (= Nerone). Ora invece il lettore è coinvolto nel calcolo di molteplici equivalenze. Nei vv. 9-12 segna-liamo la complessa costruzione:

v. 9b: sette teste sono i sette monti e sono sette re (7 = 7 = 7)
v. 10a: cinque sono caduti, uno è,
un altro ancora non venne
(5+1+1 = 7)
v. 11: è l’ottavo re ed è però uno dei sette
(8° diverso da uno dei 7)
v. 12: i dieci corni sono dieci re i quali…
(10 = 10)
Come interpretare questi dati? L’intreccio simbolico proposto nel nostro testo è stato oggetto di diverse inter-pretazioni. Ai fini della nostra presentazione semplifi-chiamo l’analisi segnalando due principali tendenze.
a) La prima cerca di rileggere i dati apocalittici colle-gandoli con la storia imperiale e le sue vicende nel sec. I d. C. Alcuni si sono cimentati nell’identificazione storica dei personaggi di potere collegati all’impero romano e al-la successione dei suoi re. I dieci re dovrebbero essere i sovrani alleati di Roma (satrapi parti?), i quali alla fine, secondo il disegno divino, si ribelleranno e faranno scempio della prostituta (cf. vv. 16-17). Secondo altri commentatori i sette re dovrebbero essere intesi in senso astronomico come «sette epoche» (eoni) collegate a sfere di influenza celeste, ognuna espressione di un pianeta. Alla conclusione di questi tempi sarebbe iniziato l’ottavo, il tempo finale, quello dell’età dell’oro. Secondo questa lettura mitico-astronomica lo scontro finale inizia con l’ottavo tempo. Per altri interpreti il computo dei re è reso complicato per via dell’individuazione dell’ottavo re, che è anche uno dei sette, e della sua relazione con la bestiֲa. L’ottavo re sarebbe Domiziano, sovrano talmente feroce da essere considerato, secondo l’opinione comune del popolo di Roma, una «reincarnazione di Nerone» (Nero redivivus) che era uno dei sette .
b) La seconda tendenza preferisce seguire un’interpretazione generica, considerando la concatena-zione delle immagini evocate come segno generale del demoniaco. La successione dei numeri è indice sempli-cemente di ciò che è passeggero, uno scorrere effimero di figure negative e transitorie. Esse sono comunque espres-sioni dell’unico potere bestiale, mortifero, emissario di satana, ma destinato all’annientamento.
Comunque si vogliano interpretare i simboli e la loro concatenazione, il messaggio teologico del brano risulta abbastanza chiaro: i dieci re sono alleati nel loro eserci-zio del potere con la bestia seducente e, tale alleanza, consacrata totalmente al male, ha come scopo quello di distruggere l’intera umanità e, con essa, i credenti che hanno aderito al Vangelo. Proprio questi re combatteran-no contro l’Agnello ma l’Agnello li vincerà (v. 14). Il fu-turo dei re e della bestia è orami segnato ed ha un tempo breve. L’Agnello è vittorioso perché «è il Signore dei si-gnori e il Re dei re». La definizione cristologica ha radici nella tradizione biblica: il Signore è onnipotente (Ap 1,8), il santo (15,5) e Colui che apparve a Mosé nella ri-velazione teofanica di Es 3,14 affermando: «Io sono co-lui che sono». Colui che ha vinto la potenza opprimente dell’Egitto, si conferma vincitore nelle vesti dell’Agnello pasquale, del Cristo immolato per la salvezza del mondo. Nel v. 14 troviamo la definizione dei credenti che seguo-no l’Agnello in tre formule: essi sono «i chiamati (klētoi), gli eletti (eklektoi) e i fedeli (pistoi)». È proprio la deno-minazione di «fedeli» che caratterizza questa fase della storia della Chiesa: i battezzati rimangono fedeli a Cristo e al suo messaggio di salvezza, confidando nell’intervento di Dio
Nei vv. 15-16 prosegue l’interpretazione fornita dall’angelo: le acque che sono presso la prostituta simbo-leggiano «ֲpopoli, moltitudini, nazioni e lingue». L’angelo comunica al veggente che i dieci re, simboleggiati dalle dieci corna, odieranno la prostituta e si rivolteranno con-tro di lei, muovendole guerra. Il male si ritorce contro se stesso a tal punto che, per la loro cattiveria, i re denude-ranno la prostituta, la uccideranno, «ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco». Secondo un misterioso progetto di Dio il regno del male volge verso la sua disso-luzione e il suo tempo è segnato dal compimento delle parole di Dio (v. 17). Il capitolo si conclude con la con-ferma del giudizio divino (krima) che sta per abbattersi sulla bestia e sulla donna. Questa donna è il simbolo del-la grande città che usurpa e regna sui re della terra (v. 18).

 Messaggio:
Lo studio analitico di Ap 17,1-18 ha fatto emergere al-cuni temi che hanno importanti ricadute per la riflessione teologica e il cammino di discernimento spirituale. Se-gnaliamo i seguenti quattro motivi: 1) Imparare e ricono-scere il male e le sue opere; 2) Quale differenza tra il po-tere e il servizio? 3) La fedeltà al Vangelo; 4) La con-danna dei Babilonia e la vittoria dell’Agnello.

1) Un primo importante aspetto da cogliere nella de-scrizione di Ap 17,1-18 è il valore del discernimento del bene e del male. Proprio per la sua ambiguità, la presenza del male nel mondo assume caratteri mistificatori che rientrano nella rappresentazione della «grande Babilo-nia». L’impegno dei credenti consiste nel non perdersi né lasciarsi attrarre dalla seduzione della grande città. Il ma-le si declina nelle scelte che ogni persona compie quando vive in modo negativo l’esercizio della propria libertà. Le immagini apocalittiche del nostro testo sono altamente suggestive: la bestia, la prostituta, il potere distruttivo dei re, la concezione possessiva della vita, l’egoismo domi-nante in ogni attività, la ricerca del profitto ad ogni costo. La pagina di Ap 17 rappresenta un’eloquente descrizione che aiuta i credenti a saper discernere il bene rappresen-tato dall’azione salvifica dell’Agnello immolato dal male, descritto in tutta la sua sfrontatezza e arroganza,

2) Nel rappresentare le figure che incarnano il potere politico, militare, economico, sociale, comunicativo e di ogni genere, l’autore giovanneo lascia intendere la diffe-renza tra l’esercizio del potere finalizzato a se stesso e la dinamica del «servizio» che caratterizza i credenti che seguono l’Agnello. Occorre maturare un sereno discer-nimento di fronte alle scelte, soprattutto nei momenti di crisi e di aridità. Il male si esprime nelle caratteristiche negative del peccato (amartia) e della distruzione di sé e del prossimo. Esso nasce dall’opposizione al progetto salvifico di Dio e si manifesta nel rifiuto della comunio-ne. Possiamo collegare il mistero del «Peccato» con le sue tre principali declinazioni, le sue «tre p»: il potere, i possessi, i piaceri. La differenza fondamentale tra l’esercizio del potere e la dinamica del servizio va indi-viduata nella dialettica tra gratuità oblativa e interesse egoistico. Il dinamismo della gratuità evangelica sgorga dal dono dell’amore divino, della grazia che opera nel cuore dei credenti. La schiavitù seducente del peccato ha come origine la lotta contro Dio e il suo progetto di sal-vezza. Tale seduzione degrada l’uomo e lo riduce in schiavitù. L’autentico servizio è frutto di libertà, mentre l’esercizio del potere per se stesso produce mancanza di rispetto verso la persona umana e la sua dignità filiale.

3) Abbiamo visto come i credenti (battezzati) che se-guono l’Agnello vengono designati con tre qualificazio-ni: essi sono i chiamati (klētoi), gli eletti (eklektoi) e i fe-deli (pistoi). È importante precisare tali designazioni nel quadro teologico del nostro libro. Chi sono i cristiani og-gi? Quale è il loro compito nel contesto sociale ed eccle-siale? Cosa possono fare di fronte alle sfide e alle prove della vita? La risposta a queste domande va cercata nella lettura dell’intero libro dell’Apocalisse. Relativamente alla nostra pagina i credenti sono anzitutto i «chiamati», cioè coloro che sperimentano la forza interiore della vo-cazione che Dio ha pensato per loro. La «vocazione» s manifesta attraverso un’intuizione interiore su cui si basa la ricerca spirituale. Inoltre i chiamati sono anche «elet-ti», nel senso che partecipano ad una missione comunita-ria, un’elezione voluta da Dio in vista di un progetto di vita e di rigenerazione dell’umanità che ha come sorgente la paternità stessa di Dio. La terza qualificazione dei cre-denti è rappresentata dalla «fedeltà». Essi sono «fedeli» in una doppia accezione. Dio ha costituito i credenti «de-gni di fede» e la loro credibilità diventa un segno di tra-sparenza del Vangelo. Allo steso tempo essi sono «testi-moni fedeli» pronti a seguire l’Agnello fino al dono della loro vita, fino al martirio.
4) Un ultimo messaggio della nostra pagina è rappre-sentato dal giudizio sul male simboleggiato dalla con-danna definitiva della bestia e della prostituta. La storia umana, segnata da tante contraddizioni e ingiustizie, ha un suo esito nella vittoria dell’Agnello. L’esercizio di-struttivo prodotto dal simbolo del potere di Babilonia è pur sempre limitato. Come ha avuto un inizio, così avrà una fine. Occorre vivere nel tempo della lotta, esercitan-do la pazienza e testimoniando il primato di Dio e del suo amore infinito. In questi capitoli finali dell’Apocalisse (Ap 17-22) spicca il motivo del martirio (testimonianza) e l’invocazione che sale dalla comunità dei credenti ver-so Dio. La sofferenza prodotta dal male contro i credenti va interpretata come un passaggio temporaneo, una situa-zione di prova che si tramuterà in vittoria. Risulta molto utile riflettere sull’ultima domanda del «padre Nostro», in cui i credenti chiedono di essere liberati dal «male» .

*** Domande
1) Quali sono i segni con cui si manifesta oggi il male nel mondo? Come aiutare i credenti a leg-gere ed interpretare questi segni?
2) Come vivere il servizio nella società e nella Chiesa senza cadere nel servilismo? Ci sono si-tuazioni di schiavitù (vecchie e nuove) nei no-stri ambienti? Come le affrontiamo e le risol-viamo?
3) Essere fedeli al Vangelo significa anche pagare di persona: siamo consapevoli delle persecu-zioni che i cristiani sperimentano in tanti parti del mondo? Possiamo fare qualcosa per i nuovi «martiri della fede»?
4) Il male è evitabile per quanto sta in noi. La fede ci ricorda che il male è stato già sconfitto per opera di Dio. Nel nostro impegno cristiano ab-biamo la consapevolezza di questa vittoria? Siamo consapevoli che il Signore non abban-dona le nostre comunità e che le prove fanno parte del nostro cammino di crescita?