Lectio 4

L’entusiasmo missionario

Gennaio 2024

Invocazione allo Spirito Santo

Vieni in mezzo a noi, Spirito di Dio, illumina le nostre menti e apri i nostri cuori per fare spazio nella nostra vita alla venuta del tuo regno. Donaci intelligenza e cuore perché si riempia della tua speranza, del tuo amore e della tua fede la nostra esistenza, e trasformaci in creature nuove a servizio del regno. Vieni in mezzo a noi, Spirito del Cristo Risorto, illumina le nostre menti e apri i nostri cuori per fare spazio nella nostra vita alla responsabilità di membra vive della tua Chiesa. Donaci intelligenza e cuore perché viviamo nella tua Chiesa, nell’amore e nella preghiera, per essere tutti un segno di speranza che silenziosamente produce nel mondo il tuo regno di giustizia, di amore e di pace.

 

Ambientazione

Il cammino di conversione che stiamo percorrendo ci porta ora ad approfondire in maniera più diretta ed esplicita quelli che sono i rischi di ogni cristiano impegnato nella meravigliosa vocazione battesimale di evangelizzatore. Attingiamo a piene mani, per aiutarci nella riflessione, oltre che alla Parola di Dio, all’insegnamento di papa Francesco, che in particolare nella Evangelii Gaudium ci ha consegnato un prezioso aiuto per riconoscere, dentro la chiamata missionaria della Chiesa, quelle che egli definisce “le tentazioni degli operatori pastorali”. Vincere la tentazione significa accogliere il mandato della conversione. Facciamo nostro l’invito del papa e scegliamo come traccia di riflessione i 6 aspetti da lui evidenziati, collegandoli con alcuni brani del vangelo.

Come primo passo, ci riferiamo al capitolo 12 di Luca, in cui il Signore Gesù sollecita i suoi ascoltatori a essere distaccati dai beni materiali e dagli attaccamenti terreni, nei quali le folle di ieri e di oggi cercano sicurezza davanti all’incertezza della vita. A questo atteggiamento di distacco, corrisponde per Gesù la capacità di abbandonarsi alla Provvidenza di Dio (Lc 12,22-32). Ma dove si fonda la necessità di optare per il Dio Altissimo, anziché per l’effimera garanzia data dai beni della terra? Ecco il brano proposto alla lettura: Gesù invita ad essere pronti e vigilanti, e svela la beatitudine della vita nella capacità di farsi trovare svegli quando “il padrone”, il Signore, tornerà. Si tratta allora di prendere sul serio la realtà della morte, che evidenzia tutta la fragilità della creatura umana. Ogni uomo e ogni donna vive in questo mondo con la certezza di essere limitato e mortale, ma si impegna – spesso inconsciamente – ad allontanare dalla propria mente questa verità, perché fa paura. Gesù scuote i suoi, richiamandoli a non fingere di essere onnipotenti e immortali, ed evidenziando che l’ineluttabilità della morte è una realtà con cui vale la pena fare i conti presto, per non essere colti all’improvviso e impreparati. Alla domanda esplicita di Pietro, Gesù rincara anche la dose, sottolineando che coloro che, come i suoi discepoli, hanno avuto la grazia di essere resi coscienti di tale verità, dovranno rendere maggiormente conto di ciò, avendo quindi una maggiore responsabilità di fare della propria vita un dono. La tentazione di cercare a tutti i costi di trattenerla per sé si insinua sempre laddove ci si dimentica che, di fatto, la vita è un dono che ha senso se viene continuamente donato.

 

Dal Vangelo secondo Luca (12,35-48)

Testo CEI 2008

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 35«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». 41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. 47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

 

Testo TILC

35‘Siate sempre pronti, con la cintura ai fianchi e le lampade accese. 36Siate anche voi come quei servi che aspettano il loro padrone che sta per tornare da una festa di nozze, per essere pronti ad aprire subito appena arriva e bussa. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. Io vi assicuro che egli si metterà un grembiule, li farà sedere a tavola e comincerà a servirli. 38E se il padrone tornerà a mezzanotte oppure alle tre del mattino e troverà i suoi servi ancora svegli, beati loro!  39‘Cercate di capire: se il capofamiglia sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà quando voi non ve lo aspettate’. 41Allora Pietro disse: ‘Signore, questa parabola vale solo per noi oppure per tutti?’. 42Il Signore rispose: ‘Chi è dunque l’amministratore fedele e saggio che il padrone metterà a capo dei suoi servi, perché al momento giusto dia a ciascuno il suo cibo? 43Se il padrone, quando ritorna, lo troverà occupato a fare così, beato quel servo! 44Io vi assicuro che gli affiderà l’amministrazione di tutti i suoi beni. 45Se invece quel servo pensa: ‘…Il mio padrone tarda a venire’, e comincia a maltrattare i servi e le serve, per di più si mette a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46in un momento che lui non sa, quando meno se l’aspetta il padrone arriverà. Lo separerà dagli altri e lo punirà come si fa con i servi infedeli. 47‘Se un servo sa quel che il suo padrone vuole, ma non lo esegue con prontezza, sarà punito severamente. 48Se invece un servo si comporta in modo da meritare un castigo, ma non sa quel che il suo padrone vuole, sarà punito meno severamente. In effetti, chi ha ricevuto molto dovrà rendere conto di molto. Quanto più ciascuno ha ricevuto tanto più gli sarà richiesto.

 

Meditazione.

Il richiamo alla vigilanza risuona ai nostri orecchi minaccioso soltanto se abbiamo impostato la nostra vita in modo da gestirla autonomamente e trascurando il vitale rapporto con Colui che ce l’ha donata. Egli non è un padrone malvagio o un giudice impietoso, come nelle parabole sembra far intendere Gesù, con le immagini paradossali che descrivono bene i movimenti del nostro cuore. Chi vive una relazione autentica con Dio, e l’ha scoperto come Padre amorevole qual Egli è, non teme la morte, e vive la propria esistenza totalmente orientato a un servizio generoso e gratuito. La sua sicurezza, infatti, non sta nelle opere che compie o nelle garanzie terrene, ma nell’abbandono fiducioso a Dio. In questo modo la vita del cristiano si trasforma in testimonianza che evangelizza, perché risponde alle domande di senso che attanagliano i cuori di tutte le persone. Il battezzato diventa così un discepolo-missionario. In contrasto con questa vocazione, papa Francesco denuncia con dolore che “oggi si può riscontrare in molti operatori pastorali, comprese persone consacrate, una preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di distensione, che porta a vivere i propri compiti come una mera appendice della vita, come se non facessero parte della propria identità. Nel medesimo tempo, la vita spirituale si confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo ma che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mondo, la passione per l’evangelizzazione. Così, si possono riscontrare in molti operatori di evangelizzazione, sebbene preghino, un’accentuazione dell’individualismo, una crisi d’identità e un calo del fervore. Sono tre mali che si alimentano l’uno con l’altro” (EG78).

Tale esperienza di raffreddamento del fervore missionario corrisponde a una relazione con l’esperienza del limite, della morte, del futuro segnata da rassegnazione e a volte anche cinismo, che nulla ha a che vedere con la certezza di essere in attesa del ritorno del Signore Risorto. Anziché vivere vigilanti e pronti, questi cristiani “non sono felici di quello che sono e di quello che fanno, non si sentono identificati con la missione evangelizzatrice, e questo indebolisce l’impegno. Finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono” (EG 79). È triste allora constatare che “si sviluppa negli operatori pastorali […] un relativismo ancora più pericoloso di quello dottrinale […]” (EG 79), fino a cadere “in uno stile di vita che porta ad attaccarsi a sicurezze economiche, o a spazi di potere e di gloria umana che ci si procura in qualsiasi modo, invece di dare la vita per gli altri nella missione. Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!” (EG 80).

 

Conclusione.

Per crescere, chiediamoci:
– Ho un atteggiamento di vigilanza, nella mia vita, che si fonda sulla certezza che Dio è provvidente? Oppure cerco sicurezze e “tranquillizzanti” in attaccamenti vari?
– Vivo uno stile di vita missionario? Sono appassionato per la vocazione evangelizzatrice della Chiesa?

Invochiamo con fiducia:
Signore Gesù, mantienimi sveglio
e accendi il mio cuore di entusiasmo missionario,
facendo della mia vita un dono costante ai fratelli.