Domenica 17 Novembre si è tenuto nell’Abbazia di Farfa l’incontro diocesano in preparazione al Giubileo 2025. Il tema dell’incontro è stato “L’Indulgenza: il suo significato e la sua importanza nella vita della Chiesa”. La riflessione è stata guidata dal Cardinale Penitenziere Maggiore Angelo De Donatis. All’incontro hanno partecipato sacerdoti, religiosi e religiose, operatori pastorali e, in modo particolare, le Confraternite presenti in Diocesi. Dalla testimonianza dei presenti la relazione del Cardinale è stata seguita con molto interesse ed attenzione.
Il relatore ha premesso che il tema dell’indulgenza non trova spazio nella catechesi e nella predicazione e molte volte anche all’interno della Chiesa suscita incertezze e pregiudizi, sia un po’ per una certa ignoranza in materia, sia per via delle tensioni e delle polemiche dei tempi passati. Il significato dell’indulgenza è unito mistero della Redenzione ed è di grande attualità per tutti noi, che ci stiamo preparando a celebrare l’Anno Santo 2025.
Tre sono stati i punti trattati dal Cardinale di cui qui si dà una breve sintesi.
1. Il concetto di indulgenza
Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce che “ l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per l’intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi» (CCC, n. 1471).
Il Cardinale ha messo in luce le grandi verità di fede su cui si appoggia questa definizione, e che vengono indirettamente richiamate dal concetto di indulgenza.
1. L’indulgenza viene definita come «la remissione della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa». Ma che senso ha parlare di pena, se crediamo fermamente che l’assoluzione sacramentale già assicura il perdono di Dio? Per poter vedere più chiaro è necessario comprendere “in che senso permanga, anche dopo l’assoluzione, un debito per i peccati commessi”.
Si sa che i peccati “gravi” ci privano della comunione con Dio e ci rendono incapaci di conseguire la vita eterna. Questa privazione è detta “pena eterna” del peccato: eterna, perché consiste nella privazione definitiva di Dio, nell’aver perduto ormai per sempre la possibilità di vivere in comunione con Lui.
L’assoluzione impartita dal sacerdote nel sacramento della Riconciliazione cancella totalmente i peccati confessati e restituisce la comunione con Dio, liberando il penitente dalla pena eterna del peccato. Tuttavia, anche dopo l’assoluzione, rimangono le pene temporali, che hanno un termine, in quanto la pena va espiata, perché il cuore ne esca trasformato e bonificato dai “residui del peccato”, dalle “scorie” del peccato, che persistono nel cuore dell’uomo anche dopo l’assoluzione sacramentale. La loro rimozione richiede un cammino di purificazione e di penitenza, che coincide con il normale progredire della vita cristiana.
Due sono gli approcci che emergono: il primo ribadisce il carattere espiatorio della pena, necessario per riparare alla distorsione introdotta dal peccato; il secondo sottolinea come il cammino dell’uomo sia un continuo itinerario di conversione e di avvicinamento a Dio.
È a questo punto che intervengono le indulgenze. Le indulgenze altro non sono che il mezzo con cui la Chiesa, «madre amorevolissima di tutti» ci viene in aiuto, mitigando o condonando la pena temporale da scontare, aiutando il processo di conversione e di purificazione del cuore.
2. C’è un altro elemento della definizione che richiede qualche precisazione in più: il “tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi”.
Per “soddisfazioni di Cristo” si intende che con la sua passione Egli ha fatto più che abbastanza. La passione di Cristo vissuta in filiale abbandono al Padre è talmente grande, che non solo ci ottiene la remissione dei peccati, ma contiene anche la completa soddisfazione dovuta a Dio per tutti i peccati, di tutti gli uomini, di tutti i tempi.
In altre parole, il “potere salvifico” del sacrificio di Gesù è talmente efficace che non solo rimette i peccati, ma può anche bonificare i cuori, raddrizzare le storture indotte dal peccato, espiare le ingiustizie che ogni peccato porta con sé.
Alla soddisfazione di Cristo si associano anche i meriti e l’intercessione della Vergine Maria, degli apostoli, dei martiri e degli innumerevoli santi e sante, noti ed ignoti, che costituiscono la realtà più sublime della comunità ecclesiale.
3. Il relatore ha messo a fuoco un ultimo passaggio degli elementi essenziali delle indulgenze: la reversibilità di questo tesoro spirituale in virtù della comunione dei santi.
La dottrina delle indulgenze mette così in luce un aspetto essenziale e molto consolante della realtà della Chiesa: il suo essere “comunione di santi”, assemblea di tutti i redenti da Cristo legati tra loro da un vincolo spirituale di amore e solidarietà profonda. La Chiesa è infatti la famiglia di tutti i battezzati: non solo quanti siamo ancora pellegrini sulla terra, ma anche coloro che, terminata la loro esperienza terrena, ci hanno preceduto e si trovano a compiere un cammino di purificazione o già godono della visione di Dio.
In forza di questa solidarietà mistica, che unisce le varie membra del Corpo ecclesiale tra loro e con Cristo, si realizza un’autentica comunione di beni spirituali, in modo che la santità dell’uno giova anche agli altri.
È in virtù di questa comunione che la Chiesa può attingere con sicurezza a questo “tesoro” inesauribile di santità e dispensarlo con generosità, in modo che serva sia come rimedio al peccato e sia come incoraggiamento a riprendere con slancio il cammino della vita cristiana.
Così, attraverso il dono dell’indulgenza, la Chiesa dà al peccatore quanto gli occorre per saldare il suo debito, attingendolo dal suo infinito tesoro spirituale; un po’ come un amico generoso, che si offre di pagare il debito che spettava a te.
In questa linea di solidarietà, si comprende anche come ciascun battezzato può a sua volta soccorrere le anime in purgatorio, applicando l’indulgenza per un defunto a modo di suffragio.
Pertanto si comprende come l’ “indulgenza” richiama una benevola disposizione d’animo, quella di chi è pronto a perdonare, scusare, condonare. L’indulgenza fa proprio questo: ci condona le pene che avevamo meritato e ci rimette pienamente sulla via di Dio.
2. Indulgenza e giubileo
Il giubileo è legato al perdono dei peccati e alle indulgenze. Essi sono gli aspetti centrali di ogni giubileo e, anzi, sono all’origine stessa di tale celebrazione, istituita in risposta alle aspirazioni di perdono e penitenza del popolo cristiano.
Nella sua essenza, il giubileo è un’indulgenza plenaria come le altre, capace quindi di liberare l’anima da tutta la pena per i peccati commessi, ma che riveste un particolare valore per la maggiore solennità e per le speciali condizioni in cui si compiono le pratiche penitenziali:
– il giubileo è di solito preceduto da una approfondita preparazione spirituale, secondo le modalità previste ai vari livelli ecclesiali (conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, istituti religiosi, movimenti, etc.);
– viene promulgato dal papa con una speciale bolla di indizione, di cui viene data lettura tradizionalmente nella solennità dell’Ascensione del Signore;
– viene accompagnato da alcuni riti particolarmente solenni, come l’apertura della porta santa.
– richiama un gran numero di pellegrini, la cui partecipazione è di stimolo anche per i meno fervorosi;
– ordinariamente vengono attribuite ai penitenzieri e ai confessori delle speciali facoltà per assolvere e dispensare anche nei casi riservati;
L’anno santo rappresenta perciò un’occasione straordinaria e stimolante di conversione e di rinnovamento per raggiungere la piena riconciliazione con Dio e con i fratelli.
3. Indicazioni sull’indulgenza giubilare.
A conclusione della riflessione il Cardinale ha dato le indicazioni necessarie sul prossimo giubileo del 2025 e le condizioni per lucrare l’indulgenza. Con la bolla di indizione del giubileo 2025, Spes non confundit (9 maggio 2024), Papa Francesco ha voluto richiamare i fedeli a riscoprire in particolare la virtù della speranza e a “farsi pellegrini di speranza”. Questo perché gli eventi politici e sociali che stiamo vivendo a livello mondiale sembrano contraddire e soffocare in tutti i modi il desiderio di speranza che cova nel cuore di ogni uomo. Anche a livello personale, molti tra noi sono oppressi dalle preoccupazioni, dalla mancanza di lavoro, dalle difficoltà affettive e familiari al punto da aver smarrito, in alcuni casi, la speranza di risollevarsi.
L’Anno Santo diventa un anno di grazia e di grande rinnovamento personale e comunitari perché ci vuole mostrare che un mondo diverso è possibile, se si ha Cristo nel cuore e se si fa di Lui la bussola sulla quale orientare tutta la nostra vita, la pietra sulla quale fondare la nostra speranza.
In seguito alla pubblicazione della bolla di indizione da parte di Papa Francesco, la Penitenzieria Apostolica ha reso note le “Norme per la concessione dell’indulgenza” giubilare, il documento ne indica le modalità, le pratiche e i luoghi in cui sarà possibile ottenere questo dono della misericordia di Dio.
I fedeli potranno acquisire l’indulgenza, per sé o per un defunto, adempiendo alle condizioni previste per tutte le indulgenze plenarie: l’esclusione di qualsiasi attaccamento al peccato, la Confessione sacramentale, la Comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del pontefice.
La prima pratica che viene sottolineata e raccomandata è quella del pellegrinaggio, da compiersi a Roma, in almeno una delle quattro Basiliche Papali (S. Giovanni in Laterano, S. Pietro in Vaticano, S. Maria Maggiore e S. Paolo fuori le mura), nonché in uno dei luoghi sacri giubilari o nelle chiese designate dai vescovi nelle rispettive diocesi.
L’indulgenza è concessa anche quanti visitano e pregano presso qualsiasi luogo giubilare a Roma e nel mondo.
Il decreto della Penitenzieria illustra anche le modalità per la concessione dell’indulgenza in favore di coloro che sono impossibilitati a compiere tali pellegrinaggi, come i malati, i detenuti, le religiose e i religiosi di clausura, etc.
In linea con la Spes non confundit, le Norme della Penitenzieria chiariscono inoltre che l’indulgenza viene unita anche alle opere di misericordia e di penitenza, con le quali si testimonia e si realizza la conversione intrapresa.
Tra i gesti di misericordia, una ricordo speciale ricevono le tradizionali opere di misericordia corporale e spirituale, che mostrano il volto materno e amorevole della Chiesa nei confronti dei fratelli che sono gravati da varie necessità.
Allo stesso modo, l’indulgenza potrà essere conseguita mediante:
– la riscoperta del valore penitenziale del venerdì;
– l’astensione almeno durante un giorno da futili distrazioni o da consumi superflui;
– la donazione di una somma di denaro ai poveri;
– il sostegno a opere di carattere religioso o sociale, specialmente a favore della difesa della vita;
– la partecipazione ad attività di volontariato.
Il Cardinale, concludendo la sua riflessione, ha ribadito che il dono dell’indulgenza ci mostra che Dio è veramente Amore infinito. La misericordia di Dio si è manifestata grandemente nella croce di Cristo: Gesù crocifisso è la grande “indulgenza” che il Padre ha offerto all’umanità, mediante il perdono delle colpe e la possibilità della vita filiale nello Spirito Santo. Egli ha fondato la Chiesa come servizio della sua misericordia e le ha affidato il compito di rimettere i peccati insegnandole a rallegrarsi più per un peccatore che si converte che per novantanove giusti perseveranti. Ha ricordato, infine, che le indulgenze sono lo strumento che la Chiesa dispone per manifestare e realizzare pienamente la tenerezza dell’amore di Dio su ciascuno di noi.
Dopo qualche significativo intervento dei presenti, l’incontro è terminato con la celebrazione della S. Messa in Abbazia.
Diac. Savino
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