L'immagine per l'anno pastorale diocesano 2024-2025

Madonna con il bambino (Toffia)

La pregevole scultura seicentesca, realizzata in legno scolpito, intagliato e dorato e in velluto di seta rosso, raffigura una Madonna, in piedi, vestita di una lunga ed elegante tunica, bordata in oro, e stretta in vita da una cinta ugualmente dorata, che lascia scoperte solamente le mani e le scarpe dorate, e da un ampio e pesante mantello che trattiene con la mano destra; con il braccio sinistro tiene il Figlio, vestito con una tunica, dal volto paffuto e i cappelli mossi, che benedice con la mano destra e tiene un globo terracqueo con la sinistra. La Vergine indossa un triregno dorato. La scultura è stata ottenuta da un tronco reso cavo. Sono ancora visibili tracce della policromia originaria e dell’argento che nobilitava la veste.

Chiesa della Madonna di Loreto a Toffia

L’iconografia è quella della Virgo Lauretana, ossia un’immagine della Vergine Maria che si rifà al modello plastico dell’antica Madonna nera venerata nel santuario della Santa Casa di Loreto. Tuttavia, il simulacro ligneo qui esposto si discosta notevolmente per l’interpretazione dall’archetipo lauretano: Maria, infatti, non è ieraticamente abbigliata con l’enorme dalmatica rituale che copre lei e il Figlio, lasciando scoperti solamente le teste e le mani del Bambino: appare, piuttosto, come una madre pietosa in atto di mostrare e consegnare ai fedeli il Figlio. Segue piuttosto il modello elaborato già negli anni 1582-1583 da Girolamo Lombardi per la statua in bronzo che occupava la nicchia centrale della facciata del santuario. Questo modello si diffuse rapidamente in tutte le Marche (Montevecchi, OADI 2021, 180-182) e successivamente in tutta Italia. In particolare, la statua lignea del Museo Diocesano Sabino ha particolari corrispondenze con la statua argentea realizzata dall’orafo e fonditore fiorentino Curzio Compagni per la cattedrale di Ascoli, tra il 1614 e il 1618.

La statua, prima di giungere per motivi di sicurezza nei locali del palazzo vescovile e successivamente nel Museo Diocesano, era custodita presso la chiesa della Madonna di Loreto nel borgo di Toffia. Questo antico edificio sacro viene già menzionato come parrocchia, con il titolo di San Giovanni in Criptula, nel 956, in un atto del Regesto Farfense. Nel 1018 risulta essere di proprietà della vicina abbazia di Farfa e già nel 1343 la chiesa è identificata come Santa Maria de Castello, con funzione di chiesa castrale. A partire dal XVII secolo viene, invece, citata come Santa Maria della Neve e decorata con un affresco nel catino absidale che ricorda la prodigiosa nevicata avvenuta, a Roma, nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 358 d.C. sul colle Esquilino. Gli abitanti di Toffia, tuttavia, in questo luogo espressero visibilmente la loro devozione anche verso la Madonna di Loreto: devozione che potrebbe trovare la sua genesi nella vicina abbazia di Farfa all’interno della quale è custodita la preziosa reliquia della chiave della Santa Casa di Loreto, prima tra quelle conservate nel monastero.

La statua con un’illuminazione che ne valorizza i colori e i dettagli

 

 

La devozione verso la Madonna di Loreto era così forte che le pareti dell’aula vennero affrescate con scene riguardanti il trasporto della Santa Casa e la chiesa cominciò a essere indicata con tale titolo. I capelli sciolti della Vergine lasciano intravvedere le orecchie, ancora recanti due piccoli anelli ai quali, probabilmente, venivano appesi ricchi monili in occasione della festa liturgica.

È senza dubbio un’opera di grande pregio, sia dal punto di vista storico che per la preziosa fattura.

Rappresenta una Madonna nera, che proprio come le altre diffuse in tutta Europa ha a lungo ispirato e continua a ispirare fervente devozione. Il volto scuro era dovuto spesso al fumo delle candele e delle lampade a olio o a cambiamenti chimici subiti dai colori originari. In alcuni casi venivano dipinte

 appositamente di nero – come in questo esemplare –, a ispirazione al Cantico dei Cantici dove la protagonista afferma: «bruna sono, ma bella» e più avanti, rivolgendosi alle amiche: «non state a guardare che sono bruna perché mi ha abbronzata il sole» (1, 5-6). I Padri della Chiesa hanno riconosciuto, in chiave tipologica, nella giovane donna del Cantico, Maria. In questo caso il Sole è la figura di Cristo.

La Vergine indossa un triregno: esso ci ricorda che Maria è immagine e modello della Chiesa; le tre corone infatti rappresentano la Chiesa militante, la sofferente, la trionfante. Il triregno è presente di solito nelle raffigurazioni lauretane antecedenti al 1643, anno in cui sulla statua della basilica di Loreto il triregno – collocato nel 1498 per volere degli abitanti di Recanati – venne sostituito da due corone donate dal re Luigi XIII di Francia.

Articolo a cura di don Fabrizio Gioiosi,
direttore dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali
della Diocesi Suburbicaria di Sabina – Poggio Mirteto

 

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Foto della statua completa con sfondo nero, è possibile il download:

Ambito marchigiano Madonna con il Bambino o Madonna di Loreto legno scolpito, intagliato, dorato; velluto di seta rosso prima metà del XVII secolo 103.0×40.0x21.0 cm provenienza: chiesa della Madonna di Loreto in Toffia