Lectio 5

Oltre la mondanità spirituale

Febbraio 2024

Invocazione allo Spirito Santo

Spirito del Signore, Spirito di saggezza e discernimento, Spirito di Cristo sapienza di Dio, solo tu rischiari il nostro cammino. Spirito del Signore, Spirito di giustizia ed umiltà, Spirito di Cristo amico dei poveri, solo tu ispiri le nostre scelte. Spirito del Signore, Spirito di pace ed unità, Spirito di Cristo amico dei peccatori, solo tu converti le nostre vite. Spirito del Signore, Spirito di coraggio e perseveranza, Spirito di Cristo il testimone fedele, solo tu rendi saldi i nostri cuori. Spirito del Signore, Spirito di misericordia e di fuoco, Spirito di Cristo dolce e mite di cuore, solo tu fai di noi la dimora di Dio.

 

Ambientazione

Il testo del vangelo di Matteo, che ci introduce a meditare la seconda tentazione degli operatori pastorali messa in luce da papa Francesco nella Evangelii Gaudium, si trova nel cuore del “Discorso della Montagna”, in cui Gesù esplicita la “magna carta” della Nuova Alleanza. L’incipit è rappresentato dalle beatitudini, per poi esplicitare diversi atteggiamenti che nel discepolo di Gesù manifestano l’esuberanza dell’amore di Dio (cfr Mt 5): Egli infatti non si accontenta di rispettare le piccole leggi della buona educazione, né solamente di favorire il rispetto dei diritti di ogni essere umano, ma oltrepassa ogni aspettativa con la sovrabbondanza del dono. A questo punto, Gesù mette in guardia non soltanto dal rischio di accontentarsi della giustizia dei farisei, ma anche dal pericolo di trasformare anche la novità del vangelo in un buon pacchetto da spendere per il proprio autocompiacimento e la propria vanagloria. In questo modo, il Signore ci spinge verso una attenzione accurata per la nostra interiorità, perché la vita spirituale, che alimenta ogni agire pastorale del cristiano e di tutta la Chiesa, si gioca nella cura della relazione vitale con “il Padre vostro che è nei cieli”, e non si misura sui successi delle nostre opere. Per comprendere a fondo il testo proposto, che si legge ogni anno, nella sua interezza (6, 1-6.16-18), nella liturgia del mercoledì delle Ceneri, va chiarito che a Gesù non interessa insegnare dei nuovi metodi per vivere meglio la religione o delle pratiche straordinarie per esprimere la propria fede. Praticare l’elemosina, pregare e vivere tempi di digiuno, infatti, erano e sono modalità consuete e normali, per un pio giudeo (e per tutte le persone religiose del mondo), per esprimere il proprio amore verso Dio. Non si può essere caritatevoli, o rivolgersi all’Altissimo, o vigilare sull’eccessivo attaccamento al proprio io solamente in alcuni periodi dell’anno. Elemosina, preghiera e digiuno non sono atti di eroismo riservati a supereroi, bensì prassi normalissime proposte a chi desidera camminare verso Dio nella santità. Gesù, piuttosto, mette duramente in guardia sul trasformare queste azioni in occasioni per cercare la propria gloria. È l’esibizionismo, la ricerca di ammiratori, l’ostentazione di sé nelle cose sante che il Signore aborrisce. La superbia che soggiace a tali atteggiamenti può essere mascherata con una apparente affabilità e con motivazioni pseudo-religiose. In realtà, si tratta della più insidiosa manifestazione di quella che papa Francesco denuncia come “mondanità spirituale”.

 

Dal Vangelo secondo Matteo (6,1-4)

Testo CEI 2008

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 1«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 2Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

 

Testo TILC

1‘State attenti a non fare il bene in pubblico per il desiderio di essere ammirati dalla gente; altrimenti non avrete nessuna ricompensa dal Padre vostro che è in cielo.
2‘Quando dai qualcosa ai poveri, non fare come gli ipocriti, non farlo sapere a tutti. Essi fanno così nelle sinagoghe e per le strade, perché cercano di essere lodati dalla gente. Ma io vi assicuro che questa è l’unica loro ricompensa. 3‘Invece, quando fai l’elemosina, non farlo sapere a nessuno, neanche ai tuoi amici. 4La tua elemosina rimarrà segreta; ma Dio, tuo Padre, vede anche ciò che è nascosto, e ti ricompenserà.

 

Meditazione.

In termini evangelici, la mondanità spirituale è denominata ipocrisia. Le azioni religiose che si compiono non corrispondono alle reali intenzioni del cuore, e si crea così una frattura. Infatti, “la mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. […] Si tratta di un modo sottile di cercare «i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2,21). Assume molte forme, a seconda del tipo di persona e della condizione nella quale si insinua. Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto” (EG 93).

Un tale atteggiamento si nasconde facilmente fra le pieghe delle nostre comunità cristiane, e “può alimentarsi specialmente in due modi profondamente connessi tra loro. Uno è il fascino dello gnosticismo, una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti. L’altro è il neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato. È una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente” (EG 94). La gravità di questa condizione spirituale sta nel fatto che chi la vive mette al centro se stesso, ma “vende” bene una immagine apparentemente devota e servizievole. La vita spirituale, e di conseguenza l’azione pastorale, risultano immobilizzate e perdono il fervore evangelico.

Papa Francesco, come Gesù, è molto duro con “chi è caduto in questa mondanità [perché] guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei fratelli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dall’apparenza. […] È una tremenda corruzione con apparenza di bene. […] Questa mondanità asfissiante si sana assaporando l’aria pura dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio. Non lasciamoci rubare il Vangelo!” (EG 97).

 

 

Conclusione.

Per crescere, chiediamoci:
– Ho cura della mia vita interiore, o sono preoccupato solamente dei gesti esteriori con cui manifesto la mia religiosità? Quanto mi condiziona l’apparire?
– Credo una Chiesa aperta e appassionata del Vangelo, che sa rischiare anche nuove esperienze, o sono attaccato al “si è sempre fatto così” e al mio piccolo gruppo?

Invochiamo con fiducia:
Signore Gesù, libera il mio cuore da ogni mondanità spirituale
e fa’ della tua Chiesa la testimone autentica del tuo vangelo,
che è buona notizia di salvezza per tutti.