
Questa celebrazione è un immenso inno di lode: grazie Signore per il tuo sacerdozio che comunichi oggi in modo particolare a questi nostri tre fratelli; grazie per il dono delle vocazioni con il quale benedici la nostra Chiesa Sabina; grazie per lo zelo apostolico con il quale tutta la comunità ecclesiale cerca di renderti testimonianza. Al ringraziamento al Signore unisco il ringraziamento agli ordinandi: grazie per aver scelto, per questa celebrazione, il testo del vangelo di Giovanni: «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Questo testo mi piace moltissimo perché è uno dei testi evangelici nei quali Gesù applica, per così dire, la logica: Gesù fa una affermazione che non può essere contraddetta. Non solo. Gesù ricava il suo ragionamento da un processo naturale: questa, dice Gesù, è la realtà semplice e perfettamente naturale. Cerchiamo di dare allora alle parole di Gesù un riscontro nella nostra vita.
Andiamo alla frase centrale: Il Vangelo dice che voi dovete morire! Io vi auguro una lunghissima vita! Quindi l’invito a morire ha un significato che va al di là della vita fisica. Anch’io applico la logica: se voi dovete morire e se voi, come vi auguro, arriverete alla vecchiaia, vuol dire che non morirete di morte naturale, ma sarete ammazzati: morirete ammazzati! Che cosa vi ucciderà? Io vi supplico di una cosa: fatevi ammazzare dal lavoro. Cosa vi farà morire? Il vostro ministero che richiede totale, assoluta dedizione. Vi supplico: la sera, quando fate l’esame di coscienza chiedetevi innanzitutto se avete perso tempo, chiedetevi se avete compiuto con energia i compiti che vi sono stati affidati. Su questo dovete essere intransigenti! In curia c’è una bibbia: l’amanuense che ha copiato l’originale ha fatto alcuni errori. Per esempio nella prima lettera di Pietro anziché scrivere ‘la carità copre una moltitudine di peccati’ ha scritto ‘il lavoro copre una moltitudine di peccati’. Questa è la Bibbia di mons. Mandara. Ma non vi preoccupate: questa bibbia la porterò con me quando andrò via.
Chiarito questo concetto elementare, (Gesù parla ripetutamente del servo pigro), possiamo elevare la nostra mente a pensieri più spirituali, anche se, come sapete, io ho una visione un po’ militare della vita. E proprio questa visione militare della vita mi ha portato a soffermarmi con grande curiosità su un testo di San Gregorio Magno che abbiamo letto nell’ufficio delle letture del lunedì della ventesima settimana. «Vediamo» dice il testo «il soldato degli accampamenti di Dio che combatte contro entrambi i mali: Battaglie all’esterno, timori al di dentro (2Cor 7,5)». Papa Gregorio parla degli «uomini santi» che sanno «abbinare due metodi di lotta ricorrendo all’arte veramente insuperabile della fortezza». Perché ‘due’ metodi di lotta? Ho detto che morirete ammazzati. Vi ammazzerà il lavoro (e questa è una scelta volontaria) e vi ammazzeranno due categorie di persone (alle quali corrispondo i due metodi di lotta): le pecore del gregge che vi sarà affidato e i nemici del gregge di Dio, cioè i lupi.
Noi abbiamo una visione poetica del gregge, ma a volte le pecore sono pericolose o almeno si ammalano facilmente. Scrive Papa Gregorio: «(gli uomini santi) devono far fronte a chi li vuole trascinare nell’errore». E allora quale metodo di lotta adottano? «Raddrizzano le distorsioni della sana dottrina con l’insegnamento illuminato». Carissimi ordinandi, vi assicuro che conservare la verità del Vangelo all’interno della comunità cristiana non è impresa facile. Non si tratta di essere ‘integralisti’, non si tratta di non ascoltare, (siamo in tempo di sinodo), ma custodire la verità di Gesù e il bene autentico delle persone è una cosa che richiede coraggio ed è una cosa che a volte ti ammazza.
E poi ci sono i lupi e la sottocategoria pericolosissima dei lupi travestiti da agnelli. Quale metodo di lotta consiglia Papa Gregorio contro i nemici esterni? Consiglia un metodo molto strano: «Contro quelli alzano lo scudo della pazienza […] Con la pazienza si sentono più forti contro i nemici». A me parlando di nemici del gregge di Dio mi viene da pensare alle parole di Gesù: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10, 16). E invece Papa Gregorio parla di pazienza e dice che la pazienza ci aiuta a «a sostenere virilmente ogni persecuzione». Un brano del Vangelo di Luca ci aiuta a capire il valore cristiano della pazienza: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio» (Lc 9,51-56). La pazienza è la capacità di tenere dritta la barra del timone anche quando la barca e funestata dalle onde e dai venti. Tu devi avere la capacità di tenere la barra ferma anche nelle avversità provocate dai lupi e, soprattutto, dai lupi vestiti da agnelli. Gesù ti dice: tu cammina verso la meta e non ti lasciare condizionare da ciò che avviene intorno a te.
Tre cose vi ammazzeranno: la fatica dell’apostolato, il compito di custodire la verità del Vangelo, la forza che deve caratterizzare il nostro ministero. A volte tutto questo è faticoso, ma vi assicuro, in base alla mia esperienza, che è anche un’avventura affascinante e appagante: «Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni» (Salmo 126). Il Signore vi conceda la gioia di perdere la vostra vita per ritrovarla pienamente realizzata in Lui.
