Invocazione allo Spirito Santo
Vieni, Spirito santo, nei nostri cuori
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.
Vieni, Spirito santo, e, per intercessione di Maria
che ha saputo contemplare,
raccogliere gli eventi di Cristo
e farne memoria amante e operosa,
donaci la grazia di leggere e rileggere le Scritture
per fare anche noi memoria attiva,
amante e operosa degli eventi di Cristo.
Donaci, Spirito santo,
di lasciarci nutrire da questi eventi
e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, ti preghiamo, una grazia ancora più grande:
quella di cogliere l’opera di Dio nella Chiesa visibile
e operante nella storia, così da contemplare in essa,
in particolare nella Chiesa primitiva,
la presenza della misericordia di Dio in Gesù,
fattosi corpo storico in mezzo agli uomini.
Ambientazione
Il testo scelto per questa Lectio si inserisce dentro gli ultimi discorsi che l’evangelista Matteo attribuisce a Gesù, ormai in prossimità degli eventi della Settimana Santa. Il clima generale è drammatico: prima delle parole rivolte a Gerusalemme, città-simbolo di tutto il popolo e di coloro che sono stati chiamati all’Alleanza con Dio, vi sono lunghi versetti con duri rimproveri da parte di Gesù agli scribi e ai farisei, considerati capi del popolo e custodi della Legge, che hanno tradito radicalmente la loro missione (cfr. Mt 23, 1-36: “Guai a voi…!”). Di seguito, invece, i discorsi apocalittici, che aprono a un orizzonte escatologico (cfr. Mt 24, 1-36): per chi vive il dramma su cui piange Gesù, sono parole che generano paura, amarezza, sconcerto. È il richiamo estremo di amore da parte di un Dio che cerca tutti i modi di sollecitare il suo popolo amato a convertirsi all’amore e alla verità.
Questa atmosfera di sofferenza abita il cuore di Gesù, mentre si affaccia dalla “finestra” della discesa di Betania e guarda la città di Gerusalemme, sconfortato per l’ostilità rivolta dai suoi abitanti verso la visita del Messia. Gerusalemme è la “città della pace”, ma non potrà mai esserci pace se non si apre il cuore – oltre alle porte – alla venuta del Signore. In Luca, il testo parallelo (cfr. Lc 19, 41-44) anticipa l’entrata trionfante di Gesù nel giorno delle palme, quando il Re d’Israele verrà acclamato mentre cavalca un asinello, simbolo di mitezza e di pace. Ma anche la sorte del Figlio dell’Uomo, entrato in città per la porta che attende l’ingresso del Messia, sarà la stessa di tutti i profeti e gli inviati dell’Altissimo: ucciso, addirittura fuori dalle mura di Gerusalemme. In questo ambiente di dolore, Gesù non si sottrae alla propria responsabilità, e si consegna fino in fondo. La sua condanna esplicita e diretta degli atteggiamenti e dei comportamenti degli “scribi e farisei ipocriti” (Mt 23,13ss) confermerà i motivi per cui sarà decisa la sua condanna. Ma questo stile duro, tipico della corrente profetica della Bibbia, insegna a noi l’importanza di non camuffare di buonismo il necessario impegno per la giustizia, per la pace e soprattutto per l’unità.
Non vi può infatti essere pace se non in una convivenza fraterna, dove ogni pulcino (ogni persona) possa dimorare sotto le ali dell’unica chioccia (Dio) senza patire discriminazioni e violenze. Quanto purtroppo fatica ad accadere nel mondo, è auspicabile che trovi nella Chiesa un segno credibile e uno strumento operoso. Come per Israele, anche per la comunità dei battezzati succede che il Signore debba versare lacrime sconfortate di delusione e di sofferenza per le divisioni e i conflitti che in essa si trovano.
Dal Vangelo secondo Matteo (23,37-39)
Testo CEI 2008
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 37«Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! 39Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
Testo TILC
37Gerusalemme! Gerusalemme! Tu che metti a morte i profeti e uccidi a colpi di pietra quelli che Dio ti manda! Quante volte ho voluto riunire i tuoi abitanti attorno a me, come una gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali! Ma voi non avete voluto. 38Ebbene la vostra casa sarà abbandonata. 39Perché io vi dico che da questo momento non mi vedrete più fino al giorno in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Meditazione.
Dio ha creato il mondo perché viva nell’unità e ha chiamato il suo popolo ad essere primizia di tale sogno di comunione per tutti gli uomini della terra. La Chiesa è il popolo della Nuova Alleanza, che a partire dal sacrificio di Cristo, “colui che di due ha fatto una cosa sola” (Ef 2,14), è chiamata a realizzare per prima e a promuovere la riconciliazione e la pace fra le genti, come segno e strumento di unità. Il sogno di Dio commuove il cuore del Figlio, e le lacrime di Gesù davanti a Gerusalemme, la “città della pace”, manifestano il dolore perché tale progetto d’amore fatica a realizzarsi.
Dobbiamo sussultare anche noi, con Gesù e con il papa: “all’interno del Popolo di Dio e nelle diverse comunità, quante guerre! Nel quartiere, nel posto di lavoro, quante guerre per invidie e gelosie, anche tra cristiani! La mondanità spirituale porta alcuni cristiani ad essere in guerra con altri cristiani che si frappongono alla loro ricerca di potere, di prestigio, di piacere o di sicurezza economica. Inoltre, alcuni smettono di vivere un’appartenenza cordiale alla Chiesa per alimentare uno spirito di contesa. Più che appartenere alla Chiesa intera, con la sua ricca varietà, appartengono a questo o quel gruppo che si sente differente o speciale” (EG 98).
Si fa più che mai urgente recuperare dentro le nostre comunità la consapevolezza di essere destinatari di una missione urgente per il bene del mondo intero: siamo mandati a vivere e a testimoniare la possibilità di una convivenza pacifica tra uomini e donne diversi, di uno scambio fecondo di doni fra persone differenti, di una accoglienza e ospitalità reciproca fondata sulla comune appartenenza alla Famiglia dei figli di Dio.
È molto doloroso constatare “come in alcune comunità cristiane, e persino tra persone consacrate, si dia spazio a diverse forme di odio, divisione, calunnia, diffamazione, vendetta, gelosia, desiderio di imporre le proprie idee a qualsiasi costo, fino a persecuzioni che sembrano una implacabile caccia alle streghe” (EG 100). In particolare, sono laceranti gli atteggiamenti di critica, a cui corrisponde l’incapacità di incontrarsi e di affrontare insieme i problemi della vita.
Le lacrime di Gesù ci interpellano. Abbiamo bisogno di cristiani che testimonino la forza della riconciliazione e l’umiltà del perdono, unica legge che può trasformare anche i fallimenti in opportunità di crescita. Impariamo a non lasciarci dominare dai sentimenti di ira e di invidia, a riconoscerli per lasciarci convertire il cuore dalla dolce potenza dello Spirito del perdono. Una Chiesa che vive l’unità è la profezia più credibile di cui il mondo ha bisogno. “Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!” (EG 101).
Conclusione.
Per crescere, chiediamoci:
– Sono una persona che costruisce comunione e promuove l’unità nella mia comunità cristiana? O mi lascio prendere facilmente dalla critica e dalle lamentele che feriscono e dividono?
– Sono consapevole che anche nella vita ordinaria, in ogni ambiente (lavoro, famiglia, ecc.), sono chiamato a testimoniare la mia fede nella fraternità e nel perdono? In tali ambienti, mi sento membro della Chiesa, che mi sostiene e che rappresento?
Invochiamo con fiducia:
Signore Gesù, rendici strumenti di unità, operatori di pace, testimoni e costruttori di comunione in ogni contesto in cui ci chiami a vivere.