Omelia in occasione dell'Ordinazione Diaconale di Samuele e Justus C.

Entusiasti per servire il Popolo di Dio

Per rendere più consapevole la partecipazione di tutti a questa celebrazione desidero innanzitutto mettere in evidenza gli impegni che accompagnano l’ordinazione diaconale.

Il primo impegno è quello del celibato: «Voi che siete pronti a vivere nel celibato: volete in segno della vostra totale dedizione a Cristo Signore custodire per sempre questo impegno per il regno dei cieli a servizio di Dio e degli uomini?». Il secondo impegno è quello della preghiera e in particolare della Liturgia delle ore: «Volete custodire e alimentare nel vostro stato di vita lo spirito di orazione e adempiere fedelmente l’impegno della Liturgia delle ore, secondo la vostra condizione, insieme con il popolo di Dio per la Chiesa e il mondo intero?». Il terzo impegno è quello dell’obbedienza: «Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?». Questi tre impegni rendono concreto l’impegno più radicale che caratterizza il diaconato: la consacrazione al ministero, cioè al servizio, nella Chiesa: «Volete essere consacrati al ministero nella Chiesa per mezzo dell’imposizione delle mie mani con il dono dello Spirito Santo?».

L’ordinazione diaconale si inserisce all’interno della liturgia di questa seconda domenica di quaresima che è sempre caratterizzata dalla lettura del vangelo della Trasfigurazione. Tutto in questa liturgia ci invita a guardare in alto, a guardare oltre, a contemplare la bellezza di Dio che si rivela. Nella prima lettura abbiamo ascoltato: «In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: Guarda in cielo e conta le stelle». San Paolo, nella seconda lettura, diceva: «la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo». E infine il Vangelo: «Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». A questo invito ad alzare lo sguardo si contrappone l’esperienza di quella che potremmo chiamare la ‘pesantezza umana’. Nella prima lettura: «Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono». Anche nella seconda lettura c’è qualcosa di simile: «Perché molti, ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo … si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra». E ancora il Vangelo: «Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno». Il ministero nella chiesa (anzi tutta la vita cristiana, perché siamo tutti consacrati) è teso fra questi due opposti: guardare in alto ed essere paralizzati dal sonno.

Che può significare concretamente tutto questo? Vi assicuro che significa non molto ma moltissimo. La capacità di guardare in alto (è il tema di quest’anno pastorale: ecclesia sicut sponsa ornata) si traduce in una parola: ENTUSIASMO. Io sono entusiasta di essere cristiano, sono entusiasta di essere prete, sono entusiasta di essere vescovo, sono entusiasta di aver servito la chiesa in tutta la mia vita. Sono entusiasta perché la fede illumina la mia mente, mi aiuta a capire e ad agire. Anzi sono orgoglioso: sono orgoglioso di essere cristiano, di essere prete, di essere vescovo.  E il mio orgoglio non è un vizio perché corrisponde all’orgoglio di Gesù che afferma: «Io sono la via, la verità e la vita». Vi auguro con tutto il cuore che il vostro ministero nella chiesa sia sempre caratterizzato da un entusiasmo invincibile e da un santo orgoglio.

E che significa invece il sonno che attanaglia gli apostoli? Ricordate che nell’orto degli ulivi Gesù dice: dormite pure!!!! È terribile: Gesù va incontro alla sua passione accompagnato dal ‘sonno’ dei suoi discepoli!!! Oggi il sonno dei credenti, il sonno dei pastori nasce dalla pigrizia (piuttosto diffusa) ma soprattutto nasce dalla paura. La chiesa oggi ha paura. Certamente i motivi per aver paura ci sono e sono concreti. Sembra che tutto vada storto, che tutto indichi un progressivo abbondono della fede. Questa sensazione paralizza! Certamente occorre affrontare questa situazione ricordandosi delle promesse di Gesù: «i cieli e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno. Ecco io sono con voi fino alla fine dei tempi». Ma alle promesse di Gesù occorre affiancare delle virtù: la nostra intelligenza e la nostra responsabilità.

Quando sento parlare di queste cose (la progressiva scristianizzazione) mi vengono sempre in mente le parole che nei Promessi Sposi i monatti rivolgono a Renzo: «Va, va povero untorello: non sari tu che spianti Milano». State tranquilli: non saranno gli ‘untorelli’ così diffusi oggi a tutti i livelli e soprattutto nei mezzi di comunicazione a distruggere la fede nel cuore degli uomini. Perché quella fede viene da Dio! Vi auguro di rifuggire la pigrizia come una peste, ma soprattutto vi auguro di non aver mai paura e di avere uno sguardo ‘lungo’ cioè la capacità di vedere sempre la quiete dopo la tempesta. Entusiasmo e coraggio siano le caratteristiche del vostro ministero al servizio del popolo di Dio.

il Vescovo Ernesto